sabato 26 luglio 2014

HIDDEN CREEK LOG #13: QUIDLIVUN



HIDDEN CREEK LOG #13: QUIDLIVUN


Un tardo pomeriggio di inizio Luglio, Hidden Creek.
PINEWOOD SAWMILL MUSEUM, così recita la grande scritta posta sopra l'arco d'ingresso all'attrazione principale della placida cittadina del Wisconsin. L'autobus grigio metallizzato del museo, dopo aver percorso la strada asfaltata che si snoda nella foresta, giunge finalmente nel grande spiazzo del parcheggio, oggi al completo. Dopo quel tragitto breve ma piuttosto scomodo, Henry, John e Hollie con grande sollievo scendono dal veicolo assieme alla comitiva di turisti canadesi col loro tipico accento e si avvicinano lentamente alla biglietteria. Sono ormai le sei emmezza ma per i sette giorni del Summer Festival il museo resterà aperto fino a sera, senza contare tutta la parte del villaggio storico che permette di pernottare nel "vecchio Nord-Ovest", o qualcosa di simile. Come spesso accade, chi vive accanto a questo tipo di attrazioni raramente le visita più di una volta, svogliatamente.
John: "Hollie, puoi dirci qualcosa di più su questi fantasmi che vede la gente? Tu ne hai mai visto uno?"
Hollie: "A dire la verità, no. A parte il Blackout ho cercato di non farmi coinvolgere in tutto questo. Però, se Casey ci crede io mi fido. "
Henry: "Io ho visto solo un sacco di canadesi, le schiappe d'America. A questo punto è Casey quello che sembra saperne di più: conducici da lui per favore."
John: "Ti ha detto dove conduce la sua chiave? Le chiavi che conosciamo hanno un nome..."
Hollie risponde con una certa incertezza: "Credo che mi abbia accennato a un cortile o qualcosa di simile, forse un giardino. La sua idea è che questa chiave sia una specie di calamita: ti conduce alla porta e viceversa. Non so cosa volesse dire con questo." La ragazza aggiusta il cerchietto sulla sua testa: "Credo che si sia costruito da solo una chiave."
Henry: "Come è possibile?"
Hollie alza le spalle: "il più delle volte non capisco cosa voglia dire, ma lo sentirei parlare per ore."
John: "Se ci pensi forse ha un senso. Alla fine anche Shelly ha detto che le chiavi sono "solo un simbolo". Sembrava quasi non avessero davvero importanza. Quello che va capito è il loro collegamento coi mostri. La tigre era nella fonte, che era una caverna. Invece Shelly ha creato lo stesso effetto ma in un contesto reale. A meno che la "porta" fosse qualcos'altro in quel contesto, non una porta fisica. O forse, la tigre era nella "fonte" solo per caso, non è detto che i mostri stiano dentro le porte."
Hollie è confusa: "Shelly Tamlyn? E poi, quale tigre?"
Henry: "Una lunga storia di cui anche noi abbiamo capito poco."
John: "Sono dei mostri che abbiamo visto, due notti. Ci hanno quasi ucciso. Ma scusa, Hollie, tu dopo il Blackout non hai perso la memoria? Tu ti ricordi di cinque anni fa... quindi questa cosa ha colpito solo noi. E Casey? Lui si ricorda?"
Hollie: "Non sapevo della vostra perdita di memoria fino a quando non me lo avete detto voi... Però, c'è stato un periodo in cui Casey si comportava in modo strano, mi riferisco ai giorni dopo il blackout. Mi disse, se non ricordo male, che c'era qualcosa che non gli tornava, come se sentisse di non appartenere a Hidden Creek. In fondo ci sentivamo tutti così in quel periodo, con le nostre case danneggiate e tutto il resto. Fu a quel punto che rompemmo. Siamo rimasti amici e, circa un anno fa è venuto fuori con queste teorie strampalate. Non gli ho creduto subito, naturalmente, ma mi mancava e così decisi di stare al gioco. Poi però mi ha convinta."
Henry: "Le teorie fantascientifiche si sprecherebbero!"
John annuisce: "Ok, questo ha senso. Siamo solo noi ad avere perso la memoria, ci è successo qualcosa durante il Blackout. Le volte che abbiamo incontrato uno di questi mostri non riuscivamo a ricordarci quello che è successo poco dopo. Potrebbe essere che sia successa la stessa cosa quel giorno. Potremmo avere incontrato qualcosa che ci ha fatto "risvegliare" cinque anni dopo. Hollie, ti ricordi mica di qualcosa immediatamente prima del Blackout? Qualche posto dove Casey è andato, qualcosa che ti ha detto?"
Henry: "Più che altro, la questione che le stesse persone non erano più le stesse! Mettiamo che esistano più versioni dello stesso mondo: forse durante il Blackout tutte queste realtà parallele si sono incrociate portando gente simile ma diversa da noi in questo posto. Spiegherebbe anche la cosa delle porte, che portano in spazi simili ma non identici."
Hollie: "Erano i giorni in cui Rebecca se ne andò: le facemmo anche una festa di addio. Fu allora che Casey mi propose di entrare nel vostro club. Poi accadde il blackout e non se ne fece più niente, smetteste pure di parlare dei vostri progetti. Non so se posso esservi di aiuto in questo senso, ma forse il signor Lazard potrebbe: non è stato lui a farvi entrare nel Club?"
John esclama "Ecco, di nuovo tutto torna a lui. Dopo aver parlato con Casey dobbiamo assolutamente andare da lui. Tutti. Vedi Hollie, per esempio noi questa cosa non ce la ricordavamo. C'è qualcos'altro del genere che ti ricordi sul club?"
Henry: "Già, quali erano i progetti del Club?"
Hollie: "Non me ne parlavate molto ad essere sincera... ma Casey si lasciò sfuggire una sera che sareste diventati presto membri a tutti gli effetti. Se ne dicono tante sul Club dopo tutto: è qui da sempre, no?"
John: "Conosci altri membri a parte noi e Lazard? E quando ha detto questa cosa, molto prima del blackout?"
Hollie: "Tuo padre, i genitori di Henry, i miei vecchi, i genitori di Rebecca, uh... il signor Lazard ovviamente! Non c'era anche Don Bowman? A pensarci bene poi, c'è mezza Hidden Creek dentro. Ne parlava credo proprio quando Rebecca se ne andò. Posso capirla dopo tutto."
John: "Perché se ne è andata?"
Hollie: "Non si sentiva adatta per il vostro Club. Partì subito dopo il Blackout. Stava per finire tutto, smetteste di essere amici."
Henry: "Sapevo che c'erano tutti dentro, però non capisco perché dopo il Blackout volevano che smettessimo con il club!"
John: "Dobbiamo aver fatto qualcosa per inimicarci gli altri membri... oppure aspettavano che fosse finito l'effetto della nostra amnesia. Potrebbero aver tentato di contattarci, in realtà... con le radio ad esempio! O il messaggio, sotto la porta di Rebecca..."
Hollie alza di nuovo le spalle: "quasi tutta Hidden Creek fa parte del Club, credo. Penso che ci abbiamo fatto l'abitudine."
John: "Tu sai cosa fanno le persone nel club? Perché esiste?"
Hollie: "per lo stesso motivo che esiste il Comitato: la nostra Comunità deve rimanere, uhm, "prospera". Si dice così?"
Henry si guarda intorno, la comitiva canadese è entrata nel museo e sul piazzale rimangono solo loro tre: "Comunque spostiamoci da qui, sembriamo dei pazzi a parlare davanti al parcheggio."
John: "Ha ragione, incamminiamoci. Hollie, ma perché parli per enigmi? Non puoi essere più specifica...?"
Henry: "Penso che stia cercando di dire che è grazie al club se la nostra città resta prospera. Un comitato interno al comitato."
John: "Sì ma... in che modo? Soldi? Noi non siamo persone influenti, Henry..."
Henry: "Ma i nostri genitori sì, John. E nelle piccole comunità, anche il più umile, può dare il suo contributo."
Hollie non capisce la domanda di John: "in che senso “enigmi”? E' qualcosa che mio padre dice sempre, almeno quando ero bambina."
John sbuffa: "Mio padre gestisce un campeggio, Henry... non è che per far piantare due tende a dei canadesi serve un club con dei miliardari dentro."
"Credo che Henry abbia ragione, John. Non me ne intendo molto, ma non è lo spirito dei primi esploratori? Uh, o erano i minatori? Bé, il concetto è quello. Forse bisogna restare uniti." Hollie intanto fa cenno ai due di avviarsi alla biglietteria.
Henry: "Non è questione di soldi, ma di semplice gestione del potere su altre persone. Lazard a parte, nessuno è ricco sfondato, ma in compenso hanno tutti un certo ascendente nella comunità."
John scuote la testa: "Ed è così importante da portare a dei pazzi come Ron e Shelly ad uccidere e a trasformarsi in mostri? Qui c'è qualcosa di più secondo me: si deve parlare per forza di un potere che esula dalle cose mondane della città che conosciamo."
Hollie: "Ehi, che di stiamo parlando esattamente? La gente si trasforma?!"
John: "Allora, per metterla facile, le opzioni sono due: o noi soffriamo di allucinazioni pesanti o la gente si trasforma in mostri. E di solito, dopo, cerca di ucciderci."
Hollie ci mette qualche minuto per processare nella sua testa queste due opzioni.
Henry: "Ora comunque pensiamo a trovare Casey, a dopo le domande: stiamo sprecando tempo in questioni che ci portano sempre agli stessi interrogativi. Dove dobbiamo andare Hollie?"
La ragazza indica l'edificio in legno della segheria oltre l'ingresso vicino alla biglietteria. Senza dire altro tenta di accettare il fatto che quei due potrebbero essere completamente pazzi e, camminando rigida come un robot, si avvicina alla cassa facendo segno con le dita: "tre biglietti, grazie."
John osserva la ragazza, forse la sua paranoia ha raggiunto il livello terminale ma non si fida ancora.
Debbie, la giovane cassiera dal lavoro estivo come lei, da dietro il vetro del gabbiotto passa tre biglietti alla conoscente: "Eh, Hollie, che ci fai con questi due debosciati?" 
Hollie si limita a pagare l'ingresso, piuttosto alto per essere in un luogo così remoto, e taglia corto: "Deb, perché non pensi ai debosciati che frequenti tu?" Dopo aver scambiato un'occhiata d'odio alla cassiera, passa i biglietti ai due: "Possiamo entrare."

Dopo aver superato i tornelli, i tre si ritrovano oltre i cancelli del Pinewood Sawmill Museum. Davanti a loro, l'edificio principale, un tempo la segheria vera e propria, ospita la mostra propriamente detta mentre il resto dell'area si divide tra il negozio di souvenir, il ristorante costruito nello storico treno. Si scorge anche l'area successiva, quella dell'insediamento storico e le sue casupole di legno che sembrano uscite da un set western. Tutto è immerso nella cornice della splendida pineta così come concordato con l'ente nazionale dei parchi anche se il silenzio è rotto incessantemente dalla confusione dei numerosi turisti che continuano ad arrivare nonostante si stia facendo quasi sera.  Qualche decina di metri più in là, sopraffatto dai mocciosi, il povero Lumbear-Jack e la sua pelliccia di peluche distribuiscono accette da  boscaiolo in gomma piuma. Hollie fa strada verso l'edificio dell'esposizione: "La porta a cui si riferiva Casey dovrebbe essere sul retro nel magazzino della segheria."

Arrivati dietro all'edificio e sceso qualche gradino del piccolo spiazzo di cemento, dove sono accumulate delle casse di materiale, i tre si ritrovano davanti ad una porta di metallo con la scritta "magazzino".
John: "Bene. Entriamo?"
Henry: "Hollie, aprila per favore."
La giovane guarda i due e prova ad aprire la porta, senza alcun risultato; riprova nuovamente ma nulla: "Uhm, è chiusa a chiave..."
Henry: "Non me lo dire..."
John la guarda scettico: "Non mi dirai che ci hai portato qui senza avere la chiave..."
Hollie, imbarazzata: "Ehi, vi ho solo detto dove credo che possa essere! Uhm..." 
La ragazza si guarda intorno, ci sono delle finestre strette e lunghe qualche metro più in là: "Proviamo? Se mi sollevate ci arrivo."
John sbuffa: "Proviamo."
Henry estrae quella del giardino: "Proviamo con una chiave."
John sospira: "Ecco, speravo non facessi questo."
La chiave di bronzo con la targhetta è palesemente troppo grande, forse potrebbe aprire la serratura di un cancello.
John: "A quanto pare, non è la chiave giusta, proviamo in un modo ortodosso per una volta. Se volete vado io per primo, non sappiamo cosa potrebbe esserci."
Hollie: "intanto guarda cosa si vede dalla finestra..."
"D'accordo, datemi una mano." John si avvicina alle finestre.
Hollie fa cenno a Henry di aiutarla a sollevare John visto che da sola non è capace e il ragazzo da vero cavaliere si offre di farlo da solo.
La giovane è piacevolmente colpita dalla prova di forza di Henry e sorride sotto i baffi.
"Grazie Henry..." John si appoggia al vetro e guarda all'interno del magazzino  dove si scorgono diversi macchinari di antica fattura smontati e posizionati in delle casse da cui spuntano gli ingranaggi e i telai, l'intero stanzone sembra quasi un ferramenta. Sforzandosi di vedere meglio, nonostante la penombra, a John sembra di scorgere, infondo alla stanza, la sagoma di un grosso cancello oltre il cumulo di ferraglia più o meno conservata.
Hollie: "Che cosa vedi?"
"Sembra un magazzino. Provo ad entrare e ad aprirvi." John apre la finestra senza difficoltà, abbastanza larga da permettere all'esile figura del giovane di penetrare all'interno: "Meno male che sono vegetariano."
Dopo un minuto, la porta del magazzino si apre senza difficoltà e John con un gesto teatrale lascia entrare Hollie: "Madame..." 
Hollie: "Grazie John." dice entrando.
"Prego. Ora vorrei farvi notare una cosa." John preme l'interruttore della luce ed i faretti sul soffitto si accendono dopo poco con una breve intermittenza prima di illuminare correttamente l'ambiente.
Henry entra: "Cosa dobbiamo vedere?"
Alla luce dei faretti, tutti i vecchi macchinari di lavorazione del legno risplendono, almeno quelli non arrugginiti dal tempo. In questa specie di laboratorio, dove è chiaro che le componenti ammassate servono da ricambi per i macchinari in esposizione nell'altra parte della segheria, appoggiato al muro in fondo allo stanzone c'è un grosso cancello metallico finemente lavorato che solitario prende polvere.
John: "Guarda la serratura."
Henry prende la chiave: "Sei sicuro che dobbiamo farlo John?"
"No. Prima vorrei dire qualcosa." John si volta verso Hollie: "Tu sapevi di questo?"
Hollie, con espressione  poco sveglia come al solito ma sincera: "Uhm, se sapevo che avremmo trovato questo cancello i una villa  abbandonato qui dentro?! ...no." La ragazza osserva quella serratura: "Non crederete che basti infilare... Oppure sì?"
John fissa molto intensamente l'ex fidanzata di Casey: "Hollie, punto primo: la scorsa volta che mi sono fidato di chi credevo fosse un amico, mi sono trovato un fucile puntato in faccia. Punto secondo: la scorsa volta che abbiamo aperto una di queste porte, sono quasi finito divorato da una tigre e per poco non siamo tutti morti. Sono disposto a fidarmi e accantonare per un attimo la teoria del complotto che tu ci abbia portati qua per aprirti la porta: lo faccio perché voglio comportarmi come il John che sono stato negli ultimi cinque anni, cioè uno che si fida. Non come il John degli ultimi cinque giorni che viene tradito e rischia la vita a ogni occasione. Quello che voglio dire è: se apriamo quella porta esiste il concreto rischio di morire tutti. Vuoi venire anche tu?"
Hollie: "Uh, ho una domanda anch'io: vi fidate di Casey? Perché dal mio punto di vista la cosa è questa: se lui mi ha detto che questo è un possibile suo rifugio, voglio crederci. Per me puoi aprire questo... uh, cancello. Voglio venire."
John annuisce, poi si volta verso l'amico: "E tu Henry? Che vuoi fare?" 
Henry: "Se proprio non abbiamo scelta lo aprirei, ma sento puzza di trappola. Troppo facile trovare la rossa che all'ultimo minuto ti dice dov'è Casey. Sarà la paranoia da figlio del poliziotto, ma la cosa non quadra, sa troppo da trappola tipica da film... Senza offesa, Hollie."
La ragazza alza le spalle.
John: "Il fatto è questo, Hollie. Io mi fido di Casey e sono dalla sua parte fin dall'inizio di questa storia, ma il fatto è che lui non si è fatto né vedere né sentire, quindi è possibile che sia lui a non fidarsi di noi. Quindi vorrei chiederti di aiutarci, se questo succedesse. Oltretutto, come saprai, è accusato di aver fatto cose orribili. Cose in cui sembra c'entrare anche il Club."
Hollie annuisce: "Sì, lo farò... ma non dovremmo essere intimoriti... almeno è quello che credo. Se è venuto da me dopo il Blackout, se ha voluto essere mio amico, spero che sia ancora il ragazzo che conosco e a cui voglio bene."
"Speriamo... sembra che le persone cambino piuttosto drasticamente negli ultimi tempi." John si volta verso Henry: "Hai tu la chiave, la decisione finale è tua. Io sono per trovare Casey, come dall'inizio."
Henry: "E allora vediamo che c'è qui dietro!"
Appena il ragazzo inserisce la chiave, l'intera struttura comincia a tremare. Come se un terremoto scuotesse l'intera Forest County, le vibrazioni fanno oscillare i fari del soffitto. Colti alla sprovvista, i tre perdono l'equilibrio e si ritrovano a terra. Le due radioline nei loro zaini cominciano a gracchiare incontrollatamente mentre il terremoto continua. Dai vari ripiani e scatoloni la ferraglia continua a cadere e scontrarsi facendo un gran fragore. L'illuminazione comincia a farsi intermittente per poi spegnersi completamente. Di nuovo nella penombra, la luce proveniente dalle finestre sembra più flebile di quanto non lo fosse prima. Hollie, terrorizzata, striscia vicino a Henry: "lo sapevate?!"
"Non credevamo fosse così intenso!" Henry tenta di alzarsi per rimuovere la chiave.
John: "Era successa una cosa simile l'altra volta, ma non così forte... che il Blackout sia stato causato dall'apertura di una porta?!"
Il terremoto comincia a calare d'intensità, Henry a fatica si alza in piedi. Della polvere continua a cadere dalle assi di legno del soffitto. Anche il rumore dei walkie-talkie comincia a calare d'intensità. John afferra una radiolina e abbassa il volume come per cercare di sentire come l'altra volta. Henry ormai sentendo calare il terremoto di intensità aspetta che si plachi per rimuovere la chiave. Il terremoto è divenuto una leggera ondulazione e il rumore delle radioline talmente flebile dall'essere inascoltabile. Ormai, il fenomeno sembra passato e Henry può estrarre la chiave.
Senza alcuna difficoltà, la chiave viene fuori dalla serratura.
Anche Hollie si alza in piedi, tramortita dall'improvviso e violento terremoto.
"Bene, andiamo." John apre il cancello mentre Henry accende la sua torcia elettrica. Spostando la pesante porta del cancello, davanti a loro il muro del magazzino. Hollie fissa i due con aria interrogativa mentre una certa inquietudine la pervade e, quasi sussurrando: "A-anche questo era previsto?"
John fissa un attimo il muro: "Uhm. Henry, l'altra volta avevamo forse aperto la porta con la chiave dentro?"
Henry rinfila la chiave, ma ha un brutto presentimento: "Posso provare, ma ho paura che non sia il cancello a condurre ad un apertura nuova, ma la porta del magazzino.
John: "Ok allora aspetta, getto un'occhiata fuori."
Non appena John apre la porta, davanti a lui, nella luce di un tramonto così limpidi si apre una sterminata radura mentre gli alti pini gettano le loro lunghe e mutevoli ombre su di essa.
John: "Avevi ragione Henry. Venite un po' a vedere... Hollie, vedi anche tu o siamo solo noi ad avere le allucinazioni?"
Hollie, con precauzione, si avvicina alla porta, poi con espressione ancora più stupita di prima: "Dove siamo?"
John tira un sospiro di sollievo: "Ok, non siamo solo noi, cominciavo a dubitare."
Henry: "Mi viene la tentazione di richiudere quella porta!"
"Anche la caverna sembrava un posto suggestivo... prima della tigre." John si incammina.
Henry lo segue, stavolta non lascia andare in avanscoperta l'amico da solo.
Hollie: "Uh! Aspettatemi!"

Basta qualche passo fuori per accorgersi che, tra l'erba alta della radura si nascondono, ormai in rovina, i resti del Pinewood Sawmill Museum. Voltatisi, anche l'edificio della segheria sembra poco più di un rudere abbandonato: la foresta ha reclamato l'intera struttura, mentre un profondo silenzio, così alieno da essere disorientante, è calato sull'attrazione più visitata della Forest County. Camminando sul selciato smosso dalle radici degli alberi tra panchine arrugginite e chioschi delle bibite chiusi da sempre, il vento freddo che preannuncia la sera soffia tra le cime dei pini scuotendoli. Il tramonto sta lasciando il posto alla notte mentre le stelle si accendono via via più numerose. Finalmente, tra le cime degli alberi comincia a comparire una luna. Non la Luna, una luna: una grande luna azzurra dove delle masse di terra in mezzo ali oceani si scorgono tra le bianche nubi vorticose. Una queste masse, una forma che conoscono da quando erano bambini, vista infinite volte nei più svariati momenti differenti delle loro vita: il Nordamerica.
Casa.
Una voce risuona nel vento, richiamando l'attenzione dei tre: inerpicata sul tetto della biglietteria del museo, Casey Turner osserva le tre figure familiari sotto di lui. Mentre la notte avanza, solo una frase pronunciata da una voce carica di sentimenti contrastanti: "Grazie. Grazie di esser venuti a cercarmi..."

FINE DELLA SESSIONE

1 commento:

  1. Per non rimanere troppo indietro! Fuori la tredicesima sessione e l'arrivo nel "Giardino".

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