sabato 9 agosto 2014

HIDDEN CREEK LOG #19: HIDDEN CREEK (II)

HIDDEN CREEK LOG #19: HIDDEN CREEK (II)



Hidden Creek, primo pomeriggio di Domenica 3 Luglio 1977.

Il caldo non accenna a diminuire in quella che di fatto è la giornata più torrida di questo inizio d'Estate. Nell'abitazione dei VanDreel, John e Diane finiscono di prepararsi per la loro prova più difficile. Riempiti i loro zaini con tutto il necessario, ripensano nel frattempo alla decisione presa. Diane, dal volto provato ma deciso, rompe la concentrazione del momento: "Jo,  pensi ancora che sia una buona idea?"
John la guarda negli occhi sperando di suonare convinto: "Diane, stiamo facendo la cosa giusta. Casey ha bisogno di noi. L'unica cosa di cui non sono sicuro è ti trascinare anche te con me a rischiare la vita. Ma d'altra parte so che vorrai trascinare tuo fratello a casa di persona. Non c'è un modo in cui posso convincerti a startene a casa e non rischiare la vita con me, vero? O magari a lasciare la città?"
Diane: "No... E poi, forse ho più possibilità di te di essere ascoltata. Comunque sia, se non rischiassi il tutto per tutto per salvare mio fratello non me lo perdonerei mai, e lo sai."
John annuisce e sorride: "Lo so, sei sempre stata molto determinata ed è una cosa che ammiro molto di te. Però se le cose si mettono male, promettimi che cercherai di metterti in salvo. Io non potrei mai perdonarmi se ti succedesse qualcosa."
La giovane prende il suo zaino e lo infila a tracolla: "Facciamo così, se le cose si metteranno male, tenteremo di metterci in salvo. Assieme." un sorriso non troppo convinto si disegna sul volto della giovane: "Andiamo, dobbiamo farlo prima che faccia sera."
"D'accordo." John annuisce: "Tentiamo allora di usare il cappello come chiave per arrivare a lui."
Diane passa il logoro cappello da baseball all'amico: "Sei tu ad aver visto come si fa..."
John afferra il cappello e prova a pensare intensamente a Casey nella speranza di raggiungerlo. Diane osserva l'amico con una certa ansia. Non sembra accadere nulla. Passato un minuto che pare un'ora, la giovane rompe nuovamente il silenzio: "Non... Non succede niente."
John riflette un attimo: "Forse devi farlo tu: questo oggetto è legato ai tuo ricordi... Prova a pensare di raggiungerlo, prova a pensare a lui."
Diane riprende con sé il berretto e si concentra. Il sudore riga il suo bel volto mentre tenta disperatamente di raggiungere l'amato fratello. Anche il suo sforzo cade nel vuoto. La sorella di Casey riapre gli occhi e lancia uno sguardo carico di amarezza verso John: "Scusa... Non ci riesco."
John riflette un attimo mentre fruga nel suo zaino: "L'agente aveva preso un oggetto per ciascuno di noi, poi aveva come recitato una formula rituale. Pensa a una parola che ti ricordi di Casey."
Dal piano di sotto, si sente con chiarezza, nell'abitazione silenziosa, l'aprirsi della porta d'ingresso. Una voce molto familiare risuona nella villetta: "John, sei a casa?"
È  la voce di Adrien VanDreel.
"Questa non ci voleva, presto, pensa a una parola!" sussurra John con un'ansia crescente.
Diane tenta di non perdere la calma: "Immagino... "fratello", sì."
John, preso dal panico, afferra la sua sveglia dal comodino, poi si schiarisce la voce: "La fretta di uscire da questa situazione orribile ci porterà da suo fratello. Questo è lo scopo della chiave!"
I passi che si odono provenire dalla scala diventano via via più ovattati.
I due ragazzi osservano la stanza mutare sotto i loro occhi: il letto, i mobili, le pareti, l'intero ambiente comincia a perdere tridimensionalità diventando la sagoma di ciò che era prima, sagome di carta. Il pavimento, fattosi sottile, comincia a strapparsi sotto il loro peso.
John ha il tempo di fare un sorrisino: "Beh, ha funzionato..."
Il pavimento cede completamente, aprendo una voragine che lascia intravedere un baratro oscuro. Diane tenta di allungare la mano verso John, inutilmente. Ciò che resta della stanza si dissolve in una miriade di frammenti: la luce che proveniva dalla finestra svanisce,  mentre entrambi sprofondano nell'oscurità.

Completamente al buio, John ha la sensazione innaturale di fluttuare, una sensazione mai provata prima. Il ragazzo, senza punti di riferimento ha perso Diane. Tastandosi, riesce a trovare i suoi fiammiferi nella tasca. John ne accende uno e la flebile fiammella riesce a malapena ad illuminare la sua mano. Il ragazzo si chiede per un attimo se ogni volta deve pensare a tutto il rituale. Cercando di suonare convinto a se stesso,  improvvisa una una formula: "In questo buio ho bisogno di luce, questo è lo scopo di questo... fiammifero?" 
La fiamma globulare comincia a risplendere con intensità sempre maggiore illuminando delle sagome in lontananza: come cartonati, le forme degli edifici di Hidden Creek fluttuano scolorite nel nulla mentre la luce ne svela la loro quasi totale bidimensionalità. John riesce a scorgere Diane che, ad una distanza difficile da stimare senza punti di riferimento, fluttua come lui nel vuoto. Ormai è chiaro che stiano galleggiando nel nulla più assoluto. 
Diane: "Jo, stai bene? Sembra di essere nello spazio, eh?"
John tira fuori dallo zaino una corda e, lanciando un'estremità verso la ragazza: "Devo raggiungere Diane, questo è lo scopo di questa corda." 
Diane afferra la cima e si spinge verso John. Quando si è avvicinata, John le prende la mano e la tiene vicina a sé: "Sembra che siamo in un altro di questi strani mondi alternativi. Casey si sarà rifugiato qua?"
"Già... ma perché?" La ragazza si stringe a John e volta la testa verso i cartonati di Hidden Creek che si avvicinano con una certa velocità alla loro posizione. Assieme ad essi, anche le sagome di diversi altri oggetti familiari: macchine, alberi, ma anche cassette della posta, pali della luce: l'intera città, ridotta a poco più di un ritaglio di carta. 
John si guarda intorno: "Se non sapessi quanto sono davvero pericolosi, potrei quasi dire che ci sia una certa bellezza... aliena in questi mondi."

Nel nulla senza vita, la voce di Casey Turner.
Poggiato con una mano alla grande sagoma di uno dei campanili della cittadina, il fratello di Diane osserva i due avvicinarsi alla sua posizione: "Jo... Diane..." la sua voce è carica di sorpresa.
John esclama: "Casey! Ti abbiamo trovato, finalmente. Siamo qui per portarti a casa e non in una prigione federale!" John sorride all'amico cercando di nascondere il suo nervosismo: "Andiamo, prima torniamo dall'altra parte e meglio è."
Diane tenta di tenere a freno l'emozione e si limita a dire, con voce quasi tremante: "Casey... allora stai bene!"
I due giovani continuano ad avvicinarsi alla posizione di Casey, o forse è l'opposto, mentre scansano con le mani le piccole sagome di carta che continuano a scontrarsi con loro.
Casey: "Jo... grazie di aver portato Diane. Grazie." La sua voce sembra carica di sollievo: "Ti trovo bene, mi fa piacere sorella."
John si rivolge all'amico con una certa cautela: "Casey, non siamo qui per restare, ho portato con me Diane perché era in pensiero per te. Cosa stai facendo? Vieni con noi, lo dicevi anche tu che eri già rimasto troppo."
Casey sembra ignorare l'ultima frase e continua: "Questo è quello che il Club chiama "L'Abisso", ma preferisco chiamarlo "Il Vuoto"." al giovane scappa un sorriso compiaciuto, poi prosegue: "Non appena avrò concluso i preparativi per la nuova chiave tornerò a casa, promesso."
"La chiave?" John e' un po' preoccupato: "Che chiave?"
Casey osserva l'amico e la sorella stretti tra loro: "Oh, finalmente. Mi fa piacere vedere che vi siete decisi. Avete la mia approvazione per quel che mi riguarda, meglio te che Henry, eh Jo?" continuando il suo discorso distaccato dalla realtà: "La chiave che mi servirà a portare a termine quanto avevamo  iniziato quattro anni fa... Mancava così poco, avremmo aperto l'Ultima Porta e saremmo stati liberi. Guardaci adesso, Jo, guarda come ci siamo ridotti."
John si crogiola per un momento nella prima parte del discorso e fa un sorrisino: "Ehm... grazie" poi si riconcentra: "Intendi quella porta che ci ha fatto perdere la memoria e ha quasi distrutto la città?" John fissa l'amico: "Casey, cosa stai facendo? E soprattutto perché? Ci hai pensato?"
Casey: " "Quasi distrutto"?! Ti sei messo a credere alle menzogne di Lazard e del Club? Non capite? Quello che abbiamo cercato di fare qui è stato portare la liberà nella nostra esistenza. La libertà che solo questi mondi possono donare agli uomini..."
I due sono sempre più vicini a Casey e alla sagoma del campanile.
Diane: "Casey, non capisco, quello che dici non ha alcun senso."
Turner prosegue: "In principio convivevamo con quelli che Henry ha chiamato "mostri"..." il giovane è irritato: "Non sono mostri, sono spiriti nobili, antichi e maestosi. Possiamo tornare a farlo, posso finalmente tornare a casa."
John inizia a pensare che ciò che più temeva potrebbe essersi realizzato: "Casey... gli unici spiriti nobili e maestosi che ho incontrato hanno cercato di uccidere me, Henry e anche Diane..."
Casey osserva con occhi sereni John: "È perché avete scelto lo scontro invece del dialogo. Io ho fatto la mia scelta, e ora loro camminano con me."
John fissa Casey incredulo: "Lo scontro invece del...? Ma di che stai parlando?! Noi non abbiamo mai attaccato nessuno. Sai che sono contrario alla violenza, anzi, ho pure cercato di impedire a Henry di fare del male a queste creature. Ma ciò non gli ha impedito di cercare di ucciderci in tutti I modi, ci siamo salvati per miracolo, come quella volta con Shelly e Ron..."
Casey lascia la presa e si lascia fluttuare nel nulla. Invece si essere alla deriva, il giovane sembra in pieno controllo dei suoi movimenti e, schivando le sagome vaganti, è ormai a poca distanza da loro: "Vedi John, è questo che mi piace di te, sei sempre così disponibile al dialogo. Ed è per questo che sono contento che tu sia qui. Perché non mi aiuti? Prenditi cura Diane e osserva mentre il mondo diventerà un posto migliore davanti ai nostri occhi."
Diane allunga la mano verso Casey: "Sei ancora in tempo, Casey... Non è ancora troppo tardi per lasciarci alle spalle tutto questo!"
John: "Casey, per favore, fermati e pensa un attimo a quello che stai facendo. Che succederà al nostro mondo? A quelli che non sono "pronti al dialogo" come dici tu? Verranno uccisi da persone come Shelly e Ron che vogliono solo il potere e la legge del più forte?"
"I Tamlyn... già. Perché sei così ossessionato da loro? Lascia perdere, Jo: hanno fatto ciò che era più giusto." Casey tira fuori dalla tasca una chiave che John ha già visto, sebbene per poco: la chiave dell'Inverno che indossava Shelly.
John impallidisce: "Quella chiave? Dove l'hai presa? E stai forse dicendo che hanno fatto bene a uccidere Rebecca e a provare a uccidere anche noi?"
Finalmente, Casey perde la pazienza a quel nome: "Rebecca?! Quella stronza ci aveva tradito, John: aveva abbandonato il Club, aveva abbandonato i suoi amici. Ma soprattutto,  aveva rivelato il nostro desiderio a Lazard: meritava di morire. E così, non appena sono riuscito a farla tornare, ha pagato il giusto prezzo."
Diane impallidisce, sconvolta: "Fratello... allora li hai mandati tu...?"
John impallidisce ancora di più e stringe Diane un pochino più forte: "Questo è peggio ancora di quello che temevo... è colpa di questo mondo..."
Casey scuro in volto: "No, John, è solo colpa nostra." Il giovane impugna la chiave e la punta verso i due: "Credo sia ora che andiate."
John fissa la chiave come se stesse fissando una pistola: "Stai puntandomi contro un'arma...? Casey, cosa ti hanno fatto queste creature? Che persona sei diventato? A ogni costo, ti porterò via da qui."
La temperatura attorno a loro comincia a calare vertiginosamente. Cristalli di ghiaccio fluttuano nel vuoto spendendo alla luce ancora accesa dal fiammifero.
Casey: "Fra poche ore il mondo cambierà, speravo che poteste sedervi accanto a me per guardare questo evento, come quando guardavamo i fuochi d'artificio dalla torre dell'acqua, ricordi? ...Mi sbagliavo."
Nel luogo senza direzioni in cui si trovano ora, sotto di loro si apre una crepa nel buio, lasciando intravedere un paesaggio innevato ancora parzialmente offuscato.
"Non così in fretta!" John cerca di chiudere la porta ma la spaccatura non accenna a chiudersi diventando sempre più grande. Finalmente, si cominciano a delineare i dettagli: una distesa  fino all'orizzonte di montagne completamente formate da ghiaccio si stagliano nel desolato paesaggio innevato, sotto di loro, poco più che un punto, quella che sembra essere Hidden Creek vista dall'alto. La grande frattura sembra avvicinarsi, o forse sono loro che hanno cominciato a cadere verso di essa.
"Casey, fermati!" esclama John: "Te la ricordi questa? Cosa rappresenta per te?" il giovane estrae dalla tasca il pezzo della sua radio: "Avevamo giurato che saremmo rimasti insieme e che non ci saremmo mai fatti del male gli uni con gli altri! Lo hai dimenticato? Questo pezzo di radio rappresenta la nostra amicizia, è un pezzo della nostra vita! Ascoltami: i tuoi amici siamo noi, non quelle creature!"
Casey ha un momento di incertezza alla vista di quell'oggetto. Diane e John sono ormai al limitare della frattura. Diverse sagome di edifici hanno già cominciato a cadere liberamente al suo interno accelerando sotto la forza di gravità che li ha catturati.
Casey stringe il pugno e, con un filo di voce: "Mi dispiace, mi dispiace... prenditi cura di Diane." dice mentre si volta nella direzione opposta.
John preso dalla disperazione lancia il pezzo di radio verso Casey: "Questo oggetto ti lega a noi, che tu lo voglia o no! Non puoi liberarti di noi cosi' facilmente!"
Casey a quelle parole sembra come costretto a voltarsi. Senza aggiungere altro si lascia cadere anch'egli nella frattura. Diane cerca di dire qualcosa al fratello, ma non appena entrati all'interno del nuovo mondo, un fortissimo vento gelido copre la sua voce. Diane e John si ritrovano sospesi in cielo mentre il resto dell'Hidden Creek di carta viene violentemente strappato dalla corrente. Nonostante continuino a cadere verso terra, la loro velocità non è aumentata e, lentamente, proseguono la loro discesa. Casey è una decina di metri sopra la loro posizione che discende alla loro stessa velocità mentre la frattura si richiude oltre di lui. 
John tira un sospiro di sollievo e guarda Casey negli occhi grida per farsi sentire: "Ora ascoltami e ascoltami bene: ti ricordi come eravamo tanti anni fa? Ci volevamo bene, eravamo amici: era quello che contava ed è quello che conta anche adesso. Sono queste le cose importanti, non il volere imporre agli altri il proprio mondo ideale con la violenza. Lascia andare questo mondo, Casey, ci ha portato solo cose orribili, abbiamo iniziato a dubitare gli uni degli altri e ci siamo fatti del male a vicenda. Non possiamo condannare tutto il mondo allo stesso destino."
Casey discende alla loro stessa altitudine mentre il paesaggio sotto di loro si è fatto ancora più vicino. Ora Hidden Creek è sempre più distinguibile, gli edifici della cittadina sono intrappolati quasi fino al tetto in uno strato compatto di neve che lascia a malapena intendere le strade sottostanti. Nella desolazione del luogo diverse ombre si muovono tra gli scheletri degli alberi che creano una foresta morta estesa fino all'orizzonte, dove la Luna Azzurra, oltre la leggera foschia, brilla spettrale. Casey, il cui volto è ancora più gelido dell'Inverno: "Hai ragione John, se ho fatto un errore, è stato quello di lasciarmi sopraffare dai ricordi. Le persone che eravamo un tempo sono morte e tu lo sai. Non costringermi a farvi del male."
John scuote la testa e ribatte: "Non è vero! Casey, non siamo morti: possiamo essere a ancora gli amici di un tempo! Non ti lascerò andare, anche se mi farai del male, perché questa è la vera amicizia. Ti sarò vicino perché so che in questo momento più che mai hai bisogno di noi per ricordarti quello che e' davvero importante!"
Ormai prossimi al suolo, i tre si posano delicatamente sul tetto di quella che doveva essere una volta la scuola elementare Red Oak. Poco distante il campanile della chiesa di St. Joseph si slancia malinconico sul paesaggio innevato. Casey, con sguardo rassegnato, fissa i due: "Forse... forse hai ragione, John. Sarai sempre qui a ricordarmi ciò che conta?"
John sorride all'amico: "Io sono parte di un altro mondo, Casey e quel mondo è anche il tuo. Torna a casa con noi."
Casey: "John, sto per tornare a casa. E quando lo farò, sarà tutto come doveva essere fin dall'inizio." Il giovane allunga la mano: "Siamo d'accordo?"
John: "No, Casey, non lo siamo. Tu non vuoi tornare a casa! Dimmi, cosa vuoi fare esattamente?"
Il tono di voce di Casey si fa nuovamente aggressivo: "Te l'ho detto! Sto per tornare a casa. E tutto questo verrà con me. Ho dei preparativi da portare a termine..."
"No." John si avvicina a Casey: "Tu non vuoi tornare a casa, tu vuoi invadere il nostro mondo con questo! Non capisci?! Stai aggredendo il nostro mondo. Farai scoppiare una Guerra senza precedenti." con un sorriso amaro in volto: Ti ricordi? Nei film di fantascienza che guardavamo assieme eri sempre dalla parte dei buoni, non cambiare adesso."
Casey: "Sono stanco, John. Stanco di provare a farti ragionare." Il fratello di Diane è dritto di fronte a VanDreel e, senza aggiungere altro, allunga la mano con un gesto rapido e lo prende per il bavero della camicia. John non reagisce: "È inutile che tu mi faccia del male, non cederò: sono diverso da Shelly e Ron. Come diceva Gandhi, ci si può liberare della violenza soltanto ricorrendo alla non violenza. L'odio può essere solo sconfitto dall'amore. Questo messaggio è il centro della mia vita." E, alzando lentamente le mani e abbraccia: "Non lasciare che il nostro mondo venga invaso dalla violenza e dall'odio che hanno invaso anche te. Lasciali andare con questo mondo!"
Diane, disperata, tenta di far ragionare il fratello: "Casey, Casey! Lascialo stare, ti prego!"
Nel silenzio rotto solo dall'ululato del vento che si insidia tra le montagne cristalline, con occhi vuoti, lo sguardo oltre quel luogo e quel tempo, Casey molla la presa limitandosi a fissare un'ultima volta John.
Diane, appena vede quell'espressione in faccia a Casey, grida: "John, non è più Casey!"

VanDreel sente su di lui tutto il peso di ciò si trova oltre la soglia di comprensione umana. Il suo naso comincia a sanguinare mentre un'oppressione infinita gli cinge la mente. Diane cade sulle sue ginocchia tenendosi la testa, come se quel gesto potesse proteggerla in qualche modo. John fa un passo indietro e pensa disperatamente a proteggersi. La sua mano cerca il pezzo di legno della sua casa sull'albero, l'unico rifugio dove si sentiva davvero al sicuro da bambino. Ormai riversa a terra, anche Diane comincia a sanguinare copiosamente dal naso. John, impugnato il legno, si getta su Diane gridando: "Dentro questa casa niente può farci del male!"
Il peso oppressivo calato sopra di loro sembra allentare la presa mentre lascia lo spazio ad un bisogno irrefrenabile di dormire. Lo sguardo di John si fa sempre più appannato, le gocce del suo sangue bagnano il capo di Diane, ormai priva di conoscenza. Ormai solo una sagoma, Casey, o almeno ciò che ha la sua forma, sembra come alzarsi in cielo. O forse è solo un'allucinazione.
John cerca di scrollarsi il sonno di dosso e lascia il pezzo di legno in una tasca di Diane. Rialzatosi a fatica, tenta qualche passo in avanti gridando verso la sagoma sempre più lontana: "Chiunque tu sia, ridacci Casey! Cosa ne hai fatto di lui?"
Colui che ha rubato la voce di Casey, risponde tramite il ragazzo: "Io sono il Fiume Nascosto, fonte di Vita e di conoscenza. Sono colui che unisce i mondi, sono il custode di tutti gli spiriti che vi rendono, siano essi Grandi Spiriti o Esseri Umani. E se ti rispondo, John VanDreel, è perché questo corpo mi lega a voi. Ma ancora per poco. E visto che non posso mentire, lascia che ti dia un consiglio: la notte sta per scendere, questa è la tana dell'Inverno..." le ultime parole suonano sempre più distorte anche se John si sforza con tutta l'energia che ha in corpo di resistere.
John, al limite della sua resistenza, grida verso la figura con la forza della disperazione: "Se davvero sei così grande, come puoi aver portato il nostro amico a fare tutte queste cose orribili?! Lascia stare il nostro mondo, la Guerra non è una soluzione... Grandi Spiriti e esseri umani possono convivere pacificamente solo quando saranno pronti ad accettarlo..." In un momento di lucida follia, 
 VanDreel ripensa alla famosa frase di Kennedy: "L'umanità deve porre fine alla Guerra o la Guerra porrà fine all'umanità. Questo è quello in cui credo! E vale anche per..." Alle ultime parole, il gusto del proprio sangue arriva alla sua lingua accorgendosi di stare continuando a sanguinare. John non ha più parole. La sua vista è ormai completamente offuscata, facendolo come ripiombare nell'oscurità. Il giovane di Hidden Creek sente che qualcosa, qualcosa che non è in grado di identificare, dentro di lui si è irrimediabilmente danneggiato. Non c'è più nulla, nulla a cui possa appigliarsi. Anche il solo pensiero di rimanere ancora cosciente svanisce nel vento gelido mentre, senza più forze ricade all'indietro sul duro tetto metallico. Quello che sente, non è più il vento, è qualcosa più simile ad ululato.
Che l'Inverno sia tornato a reclamare le prede sfuggitegli?
Non ha più importanza.
A tastoni, tenta di ritrovare Diane ma in quell'ultimo gesto la sua mano non incontra quella della persona amata. John sente qualcosa afferrarlo per un braccio e trascinarlo via, anche se non è più in grado di comprendere che cosa sia. Colto dalla disperazione, pensando alla sua casa, spera che almeno la ragazza si sia salvata. Ma è l'ultima emozione che lo sfiora prima del buio.

Hidden Creek, ormai notte.
La bianca luna, ormai iniziata la fase calante, illumina con la sua gentile luce le strade ancora piene di gente per la Summer Fest. La vita nel mondo sembra fare benissimo a meno dei ragazzi del The Old Gentlemen's Club. La folla che spensierata bivacca tra gli stand allestiti, ancora non si è accorta di nulla.
A far tremare ogni cosa, come un terremoto, rovesciando bicchieri e muovendo le insegne, un tonfo secco, angosciante. Tutti alzano la testa, verso quella luna che ora appare celata. Una sagoma opaca si staglia su Hidden Creek, una sagoma che ricorda quella di un lupo. Il suo ululato preannuncia l'inizio: il mondo sta per cambiare.

Anche la luce al neon sopra la sua testa traballa mentre John, con immensa fatica, riapre gli occhi. Accanto a lui, seduta su un freddo sgabello di metallo, Diane  riposa sofferente poggiata al lettino. A  VanDreel serve ancora qualche attimo per capire di trovarsi all'interno dello studio medico del dottor Turner. Un altro boato, e poi, un altro ancora. Il giovane, nonostante sia stato gravemente provato dall'esperienza appena precedente, cerca di mettersi seduto. Diane, senza alzare le testa dalla sua posizione, mormora, quasi singhiozzando: "credevo di averti perso."

FINE DELLA SESSIONE

1 commento:

  1. Rivista anche la seconda sessione singola.In questo Log John si è salvato per il rotto della cuffia, questo è sicuro. Aver legato con Diane gli ha portato bene!

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