lunedì 9 giugno 2014

HIDDEN CREEK LOG #8: THE SPRING


HIDDEN CREEK LOG #8: THE SPRING

La Vigilia della Festa d'Estate, poco dopo le otto emmezza di una sera tiepida, Hidden Creek. 
Gli ultimi raggi di un sole rossastro si spengono alle loro spalle in fondo al quartiere, illuminando per qualche istante i contorni della villetta disabitata prima di scomparire oltre la nuova water tower e il tetto della Town Hall, appena visibili.
È buio davanti a loro, oltre la porta spalancata di casa Tallmadge.
I tre amici per qualche istante aspettano nel porticato pieno di erbacce prima di entrare.
Preso coraggio, varcano il confine con l'ignoto.
John: "C'è nessuno?"
Nessuna risposta proviene dalle ombre all'interno della casa.
Henry, titubante: "Ma non è violazione di proprietà privata?"
Diane, dopo aver sfondato la porta con un calcio, si è subito ritirata dietro a Henry: "Non credo che sia il primo dei nostri problemi adesso..."
La fitta polvere sollevata dal gesto repentino si è sollevata rendendo per qualche istante fastidioso respirare quell'aria.
Diane istintivamente porta in mano dietro la schiena a cercare il suo zaino ripensando immediatamente all'idea di vestirsi in maniera così estranea dalle sue normali abitudini. Ricordatasi di non aver portato quel dannatissimo zaino, bisbiglia tra sé: "merda..."
John, capite le intenzioni della ragazza estrae la sua torcia elettrica: "Non temere, ho ancora la mia torcia, è da giorni che non mi separo da tutta sta roba." 
Alla luce della torcia, l'abitazione acquista nuovamente una forma presentandosi come un'anonima villetta, non molto lontana dalle abitazioni dove loro stessi vivono.
Lì, nell'ingresso, si nota la totale mancanza di mobili: nessuno a quanto pare è tornato dopo il presunto trasloco dei Tallmadge quattro anni fa. Una scala conduce al piano di sopra mentre sono distinguibili le porte che conducono allo scantinato, al soggiorno e alla cucina. Con le pareti sgombre da ogni ostacolo, immediatamente sono osservabili profonde linee nere in corrispondenza dell'impianto elettrico, come se i cavi stessi avessero preso fuoco nei muri.
"Guardate!" esclama John: "Quattro anni fa... sarà stato il blackout?"
Diane: "allora, è veramente accaduto..."
John: "E non un blackout qualsiasi: questa cosa deve aver bruciato letteralmente i cavi... non è stato un calo di tensione, piuttosto una specie di corto circuito? Un sovraccarico?"
Henry: "È stano però, se l'impianto elettrico fosse bruciato di colpo, anche la casa avrebbe dovuto prendere fuoco. Controlliamo il piano terra, e poi lo scantinato."
"Buona idea." John fa strada con la torcia.
Aperta la porta del soggiorno, si nota immediatamente come un'infiltrazione d'acqua sia penetrata dal piano di sopra colando sul muro e facendo riempire la parete di fronte a loro di muffa. Per terra, sulla moquette  ormai erosa dal tempo, si trova una vecchia scatola di cartone, poco più di una scatola da scarpe, anch'essa coperta di muffa.
John: "Ormai troviamo scatole ovunque" commenta John.
Diane: "sembra quasi una caccia al tesoro..."
La ragazza troverebbe la cosa divertente se il "tesoro" non fosse suo fratello.
Henry solleva il coperchio della scatola che quasi si sbriciola tra le sue mani.
Al suo interno giace qualcosa di poco rassicurante: il distintivo della DEA e la S&W Model 10-6 dell'Agente Speciale William Prince.
Henry: "Ok....questo non è certo un buon segno. Ho paura di quello che potremmo trovare, ma proviamo a vedere nel seminterrato."
John: "Buona idea, andiamo." per quanto spaventato, John non ci pensa nemmeno a prendere la pistola.
Diane si accoda senza commentare ma il suo sguardo è chiaramente quello di una persona rassegnata: Prince, che aveva promesso loro un aiuto, forse è... non vuole nemmeno pensarci.
La porta dal sottoscala che conduce allo scantinato è davanti a loro, leggermente aperta.
Dalla fessura, John intravede un cancello arrugginito, all'apparenza molto più vecchio della casa stessa, le cui sbarre metalliche bloccano scale che scendono ripide nella più completa oscurità.
John scorge il buco della serratura ed estrae dal suo zaino la misteriosa chiave che Diane aveva trovato nella camera di Casey. È solo un'intuizione, ma forse...
John: "Vi immaginate se..."
Henry: "Dai, vediamo se apre!"
Diane annuisce titubante verso John: "Jo... forza..."
John inserisce la chiave.
D'improvviso uno stridio intenso proviene a pochi centimetri da loro.
Le radioline di John e Henry cominciano a gracchiare all'impazzata non appena il ragazzo infila la chiave nella serratura.
John: "Che diavolo...?!"
A Diane viene quasi un infarto.
Henry tenta di mostrarsi indifferente allo spavento spegnendo il suo walkie-talkie: "Mi ricorda uno di quei film dell'orrore di serie b."
John sta per spegnere la sua radiolina quando ci ripensa e prova ad aggiustare la frequenza: "Aspettiamo, magari dice qualcosa."
Quello che era solo un debole rumore di sottofondo, comincia a diventare qualcosa di più comprensibile.
Parole, una voce.
Ma quello che stupisce i tre, non sono tanto le frasi pronunciate, ma chi le scandisce: quella è la voce di John: "Buona serata a tutti e grazie per averci ascoltato ancora questo Venerdì sera estivo. La trasmissione terminerà dopo un paio di canzoni, ma prima vorrei che il nostro amico dicesse qualcosa..."
John: "Una nostra trasmissione registrata? Continuiamo a sentire."
La voce di Henry, dalla radiolina: "Ebbene sì, lo ammetto: quella che sembrava una pessima idea si è rivelata qualcosa di unico: questa radio, la Radio di Hidden Creek, è un progetto che spero abbia coinvolto noi come voi, pochi - ma fedeli - ascoltatori."
In sottofondo Casey, Diane e una terza voce ridono al discorso fin troppo ufficiale dell'amico.
Diane: "Chi è quella?"
Nella vecchia trasmissione giunta da chissà dove, una voce femminile prende la parola: "Uh - grazie Henry. Non avrei mai detto, fino all'anno scorso, che sarei mai entrata nel vostro club. Ancora grazie, a costo di sembrare Henry..." alcune risate di sottofondo suonano sinistre per la qualità pessima dell'audio. La voce femminile riprende a parlare: "comunque, se c'è qualcosa che voi amici mi avete insegnato, è che l'amicizia riesce a vincere qualsiasi problema, qualsiasi ostacolo le si pari davanti. Questa è forse la più bella Estate della mia vita..."
La voce sembra a tutti loro tre familiare, ma è  John a sapere di chi sia: "È lei, Rebecca."
Henry: "Gira la chiave, vediamo se succede qualcos'altro!"
John: "D'accordo." John gira la chiave.
Quando la serratura del vecchio cancello si apre con un rumore metallico e sinistro, la trasmissione cala sempre più di volume fino a quando la radiolina si spegne da sola.
Henry: "Forse facevamo meglio a prendere la la pistola."
John, che non può soffrire le armi: "Manco per idea... qualunque cosa ci sia là sotto, non abbiamo bisogno di uccidere nessuno." si fa avanti attraverso il cancello.
Henry: "Fricchettone" sbuffa Henry.
John: "Cowboy" mormora John.

Scendendo cautamente, la luce della torcia elettrica illumina i gradini della ripida scalinata di legno malandato fino a quando non si riflette su una superficie d'acqua: l'intero scantinato della villetta pare essere allagato.
John: "Acqua... sarà per questo che la chiave diceva "la fonte"?"
Henry: "Ma la fonte di cosa? Scruta l'acqua con la torcia, forse sotto di essa c'è qualcosa!"
Gli scalini proseguono sott'acqua e non è possibile stabilire dalla loro posizione come le reali dimensioni del locale sotto la villetta. Ad occhio l'acqua, continuando a scendere le scale, potrebbe arrivar loro all'altezza delle spalle.
"Beh, io direi che ci si può bagnare un po'." John inizia a avanzare verso l'acqua.
Diane, leggermente in imbarazzo: "Verrei anch'io, ma non ho l'abbigliamento adatto..."
John sente l'acqua gelida risalire le sue gambe mentre prosegue la discesa.
Dalla sua posizione il vano sotto la villetta sembra essere incredibilmente vasto, tanto da far rimbombare le loro voci. Ormai con l'acqua all'altezza delle spalle, con il braccio teso John tiene la torcia elettrica sopra la testa riuscendo ad illuminare una vasta porzione dell'ambiente. La parete dalla parte opposta della grande stanza, quasi del tutto sommersa, conduce tramite un'apertura ad un altro spazio che sembra proseguire oltre la portata della luce. Il ragazzo avanza su di un pavimento piastrellato con motivi geometrici mentre colonne si innalzano dall'acqua sorreggendo il soffitto. A John sembra chiaramente l'atrio di un lussuoso edificio, benché allagato, e la sensazione di non trovarsi più sotto il loro quartiere lo assale. Per una frazione d'istante, la traballante torcia fa scintillare qualcosa oltre l'arco. Diane, in ansia, osserva assieme a Henry nell'ombra quella luce, ormai parecchio distante,  inoltrarsi sempre di più in quell'ambiente irreale. La fedele torcia illumina adesso un ambiente ancora più grande. Oltre l'arco, davanti a John si apre una sala ancora più vasta dove , incredibilmente, si ritrova a camminare sul vetro opaco di una gigantesca vetrata circolare finemente lavorata, simile al rosone di una chiesa. Con la coda dell'occhio, John scorge qualcosa muoversi sinuosamente dietro di lui. John  si volta di scatto, giusto il tempo per vedere la sua torcia spegnersi.
Avvolto dal buio più totale, mentre John scrolla la torcia tentando di accenderla, la vetrata-pavimento su cui si trova cede completamente.
John sente improvvisamente mancare il pavimento sotto i suoi piedi.
Sotto di lui, si apre una profondità ignota e terrificante.
Fluttuando nell'oscurità, John sente qualcosa sfiorargli la gamba.
Il ragazzo cerca di precipitarsi verso gli altri, nuotando all'impazzata, ma ciò che lo ha sfiorato pochi istanti prima lo afferra  per una caviglia.
Allarmato dall'improvviso spegnersi della torcia di John, Henry tira velocemente fuori la sua dallo zaino puntandola come un faro verso la presunta posizione dell'amico.
"Diane, va a prendere la pistola!" Henry lascia la torcia sulle scale per gettarsi in acqua e nuotare verso l'amico.
Diane, con tutta la forza che ha in corpo, comincia a correre su per le ripide scale.
Con una potenza decisamente differente da quella di un essere umano, la stretta potente e avvinghiante, come spire di un serpente, strattona di colpo John trascinandolo sott'acqua verso la voragine.
Sentendo mancare il respiro,  John dimenandosi afferra ciò che si è avvinghiato alla sua gamba stringendo il più possibile: sembra la lunga coda di un animale di grandi dimensioni, sinuosa come un serpente e viscida al tatto.
Appena la presa della creatura si allenta, John ne approfitta per risalire in superficie.
Henry nuota il più rapidamente possibile verso l'oscurità e verso l'amico, poco più di una sagoma nel buio illuminata a malapena dalla flebile luce della torcia. Ormai a qualche metro da John, lo vede afferrarsi con tutta la sua forza all'arco che divide i due ambienti.
Ed ecco che quella coda emerge dall'acqua: lunga più di quattro metri, la sua punta color rame risplende per qualche secondo alla luce artificiale prima di immergersi nuovamente.
Ma è ciò che emerge con un balzo ad atterrire Henry: il misterioso essere, delle dimensioni di una tigre e altrettanto agile, ricorda nelle movenze un felino ma è completamente ricoperto di squame nere che, alla poca luce, si coprono di riflessi bluastri. Il mostruoso essere spalanca le fauci e le zanne sono talmente bianche da risultare nettamente visibili anche in quelle condizioni.
Henry vede questa creatura puntare direttamente lui: "Merda!"
"Attento!" mentre la creatura sta per effettuare n nuovo balzo, John tenta fulmineamente di afferrarle la coda per distrarla.
La creatura scrolla la coda non appena John la sfiora, distraendosi.
Henry cerca di attirare l'attenzione della creatura gridandole contro per permettere a John  di fuggire.
L'essere resta per qualche istante spiazzato dalla confusione creata e John ne approfitta per rimettersi a nuotare verso le scale.
Diane, stando attenta a non bagnare la pistola, scende nell'acqua avvicinandosi il più possibile: "ragazzi...!"
John: "Attenta! Non ti avvicinare!"
Henry, visto John sfuggire, si allontana anche lui verso Diane a grandi bracciate.
La creatura riprende ad avvicinarsi e, con un balzo rapido ed elegante, si scaglia su John, il più vicino a lei.
Henry, ormai a pochi metri da Diane, le fa cenno con le braccia di lanciargli la pistola di Prince.
John cerca disperatamente di schivare la bestia e degli artigli degni di un leone lo sfiorano strappandogli la maglia e graffiandogli la schiena ferendolo superficialmente.
Henry afferra la pistola e prende la mira.
"Scappiamo Henry! Lascia stare!" John, sopportando il dolore afferra la mano di Diane.
La creatura è pronta ad un nuovo attacco ma viene raggiunta alla testa da un proiettile di
Henry e, da silenziosa com'era, emette una specie di ruggito, talmente potente e animalesco da atterrire chiunque lo ascolti.
John si volta verso l'amico, ormai raggiunta la scala assieme a Diane, sperava che non succedesse: "Non c'era bisogno!"
Henry sale anch'esso le scale dicendo: "Sta zitto e preparati a chiudere il cancello appena esco!"
L'essere non è morto, ma dal suo grande muso da predatore, dove si scorgono sul capo due piccole corna di rame, sanguina copiosamente: un sangue bluastro che si mischia all'acqua.
Con l'occhio non ferito la creatura, come in un gesto di sfida, fissa i tre ragazzi  scomparire al piano di sopra. Nella quasi totale assenza di luce, solo lo scintillio della sua coda di rame scivola a pelo d'acqua prima di scomparire nelle profondità che si nascondono a Hidden Creek.
Poi, più nulla.

"Presto, tutti fuori!" arrivato in cima alle scale poco prima di Diane, John chiude il cancello non appena Henry li raggiunge.
"Forse..." John mormora come assorto: "C'è qualcosa di strano qui. A parte il mostro degli abissi, intendo."
Henry riprende fiato: "Grazie John, le tue capacità deduttive sono sempre preziose."
John: "No, dico sul serio, aspettate un attimo. Un animale di quel tipo, una tigre acquatica... non ha senso, non esiste. Se fosse stata un'allucinazione?" John, un po' pallido si appoggia un attimo al muro. "
Le ferite di John sono graffi per fortuna, ma  appoggiandosi al muro di schiena gli provocano una fitta.
Diane, zuppa dalla testa ai piedi, osserva gli squarci sulla maglia di John leggermente macchiati di sangue: "Quelli non mi sembrano un'allucinazione..."
Henry: "Le allucinazioni non sanguinano, amico."
John: "È vero, ma comunque non esiste un animale così... e poi non posso fare a meno di pensare a quei tizi morti per il Wooden Nickel... forse sono solo intontito e sto delirando. Anche se non riesco a non pensare al termine "la fonte"... che avrà voluto dire? Diane ti viene in mente qualcosa?" John poi addita la pistola ancora in mano ad Henry: "Tra l'altro, adesso, se vogliono incastrare anche a noi avranno gioco facile. Quella dobbiamo farla sparire."
Diane, per un istante, ha una realizzazione. Henry e John vedono sul suo bel viso passare quell'espressione che conoscono bene. La ragazza, senza dire nulla, con un gesto deciso riapre il cancello.
John la segue, possibile che avesse avuto la sua stessa idea? "Stavo per proporlo io, in realtà..."
Henry li segue, e sa dove vogliono andare a parare.
"Ok, allora, ritentiamo ma con calma..." John con estrema cautela inizia a ridiscendere le scale nella quasi totale oscurità.
La torcia di Henry, ancora accesa, li aspetta in fondo alle scale. 
Ora, lo scantinato è un anonimo piano interrato di una villetta qualsiasi: non vi è nessuna traccia del misterioso ambiente sotterraneo sommerso né tantomeno della feroce creatura. 
"Ok, non c'è più l'acqua. Questo è già segno che qualcosa non ha senso." John raccoglie la torcia dell'amico ed avanza. Non ci sono tracce di sangue, né sue né dell'incredibile incontro. Qualcosa, puntata la luce elettrica, brilla in fondo allo stanzone vuoto.
John, a voce alta: "Se qui c'è qualcuno o qualcosa, non vi vogliamo alcun male, non attaccateci..." 
A brillare è un qualche oggetto metallico oltre una grata di scolo alla loro altezza, sul muro in fondo allo scantinato.
John tira un sospiro di sollievo: "Ok, però ora stiamo attenti, non vogliamo finire come prima..." il ragazzo avanza con cautela: "Henry, Diane, state in guardia."
Arrivato davanti alla grata, può chiaramente scorgere una chiave dietro di essa.
Una chiave di rame.
John solleva la grata e d afferra la chiave, ad una prima occhiata antica quanto quella che hanno usato per scendere lì sotto. C'è una targhetta metallica attaccata ad essa, recita: "Il Giardino."
John nota che sotto le sue unghie c'è del sangue leggermente rappreso.
Possibile che si sia ferito da solo?
"Guardate." John lo mostra la mano agli altri due: "Questo spiega molte cose."
Diane guarda con occhi stanchi e spaventati John: "Cosa stai suggerendo...? Lo abbiamo visto tutti quell'essere, Jo."
Henry toglie la chiave di mano a John: "Torniamo al cancello, voglio fare un esperimento."
John: "Aspetta, prima vorrei vedere se hai sparato a qualcosa o se hai sparato a un muro. Non ci sono tracce di sangue da nessuna parte, se avessi sparato a una creatura ci sarebbero macchie o un foro di proiettile, no?"
John, cercando spasmodicamente con la torcia, non trova nulla.
Henry: "Non ci sono macchie ne buchi perché questa non è la stanza in cui siamo stati prima. Ho un ipotesi, ma devo verificarla."
John annuisce "Questa ipotesi è molto interessante. Hai ragione, andiamo."
Henry risale fino al cancello, ed estrae la chiave della sorgente.
John segue l'amico: "Mi sembra improbabile però che una stanza possa cambiare così in fretta."
Henry aspetta che tutti siano usciti, poi chiude il cancello.
John: "Vai, prova."
Il figlio del Capo Kincaid inserisce la chiave de "Il Giardino", e prova a girarla ma quella non è la sua serratura.
"Uhm" Henry riprova con quella della fonte e una volta aperto ritorna, seguito dagli altri, nel seminterrato che si mostra come l'ultima volta: uno stanzone vuoto e umido.
Henry: "Sono monouso dunque."
John: "Allora, qualsiasi cosa sia successa la prima volta, non si ripete. Pensi sia dovuto alla chiave?"
Henry: "Oppure, prima che qualcosa accada deve accendersi quel suono sulla radio."
"Anche questa è un'ipotesi... allora un attimo per ricapitolare i fatti." John assume involontariamente un po' il tono da "maestrino" per cui i suoi amici lo prendono spesso in giro: "Se è stata un'allucinazione, è strano che sia stata la stessa per tutti e tre."
John: "Avete visto tutti la tigre squamosa, no?" chiede per confermare.
Henry: "Non era un allucinazione, era reale."
Diane annuisce: "Sì... un'allucinazione di gruppo? No, non credo."
John: "Sì, infatti, ho detto "se". Però, se la creatura fosse stata reale, dove sarebbe andata ora? A meno che non ci troviamo fisicamente in un'altra stanza, che è l'altra ipotesi."
Henry: "Io dico che dovremmo salire per scoprirlo."
Diane guarda i due, zuppi come lei: "di sicuro, l'acqua era reale ragazzi..."
John: "È vero, l'acqua c'è... ma potrebbe essere un residuo dell'allucinazione..." John si fruga in tasca cercando un fiammifero.
I suoi fiammiferi sono impregnati d'acqua.
Prova ad accenderne uno, inutilmente.
John: "Ok, quindi l'acqua c'era. Ma la tigre? E se fosse stata per esempio un umano armato di coltello... E poi la stanza era molto più grande."
Diane: "quindi, secondo te eravamo effettivamente in una stanza differente?"
Henry: "Ripeto, salendo avremo altre risposte. Rimanere qui è inutile."

Dove sono adesso, nell'ingresso della villetta, non c'è nulla di rilevante.
Tutto si presenta come quando sono entrati per la prima volta.
John: "Aspettate, fermi tutti. Io non mi ricordo di essere salito."
Henry: "Nemmeno io, l'avevo solo suggerito!"
"Un momento..." Diane ha un'altra idea e guardando l'orologio mormora: "sono le due di notte..."
"È successo qualcosa." John passa in rassegna tutte le cose che ha addosso, compreso il taccuino dell'agente dove si era ripromesso di annotare i progressi nella loro "investigazione".
Rovinato dall'acqua, il taccuino è ancora presente e non sembra mancare nulla addosso a John.
Diane, inquieta: "quanto tempo è passato effettivamente? Mi sembra molto meno di quanto segni l'orologio."
John: "Sì infatti. Potrebbe significare che abbiamo avuto un'altra amnesia."
Diane: "dici... che è un effetto collaterale di quanto abbiamo vissuto?"
Henry: "Potrebbe significare che abbiamo viaggiato avanti nel tempo!"
John ridacchia: "Secondo me è più probabile che si tratti di un effetto collaterale di un potente allucinogeno..."
Diane scuote la testa alle parole di Henry: "Ora  sei tu quello paranoico..."
John: "La sola questione che non combacia con l'idea dell'allucinazione è l'acqua. Ma è inutile continuare a speculare. Finiamo di esplorare la casa, come proponeva Henry... In tutto questo, poi, di Rebecca manco l'ombra."
Diane: "Io credo che l'amnesia sia creata da queste... come possiamo chiamarle? "Esperienze"? E' reale... e questo sì che mi mette una paura matta..." Diane si fa scura in volto: "E se... avessimo vissuto qualcosa di simile in passato?"
John: "Secondo me è molto probabile. Solo che abbiamo visto qualcosa di così assurdo che abbiamo perso molta più memoria di poche ore..."
Diane trema leggermente, forse per il freddo dell'acqua gelida, forse per la paura: "più di quanto abbiamo visto stanotte?"
Henry: "Proviamo a vedere al piano di sopra!"
John ridacchia: "Sì d'accordo d'accordo, andiamo, immagino che nelle ultime 4 ore tu non abbia fatto che ripeterlo." Poi, rivolto a Diane: "Credo di sì, non vedo altra spiegazione... abbiamo perso la memoria di anni..."

I tre salgono le scale che portano al piano di sopra, quello con le camere da letto.
Lungo lo spoglio corridoio, le porte delle tre camere sono spalancate: mancano i letti, gli arredi, i mobili. Su una di queste porte c'è scritto a grandi lettere in stampatello, con un pennarello rosa, "Rebecca". La stanza, vuota, si affaccia sul giardino della villetta. Da finestra dai vetri sporchi per gli anni passati e parzialmente bloccata si intravede una luna piena che irradia la sua pallida luce nell'ambiente. Non è rimasto nulla, solo la polvere.
Diane: "quanta tristezza, potrebbe essere una delle nostre camere. Vederla così vuota..."
John: "Rebecca sembra essere sparita... o non è mai stata qui. Cerchiamo attentamente se è rimasto qualcosa in una di queste stanze." il giovane guarda se ci sono impronte nella polvere per terra ma sembrano essere i primi a metterci piede dopo quattro anni.
Mentre sono intenti a dare un'occhiata in giro, qualcosa colpisce la finestra, molto probabilmente un piccolo sasso, producendo un suono secco.
John si affianca alla finestra, cercando di guardare fuori senza essere visto.
All'esterno, nel cortile incolto da anni, una giovane dai capelli di fuoco osserva la finestra di quella che un tempo fu la sua camera.
"È lei!" John sussurra agli altri: "Andiamo?"
Henry: "Andiamo. Anche se la faccenda è strana. Perché è qui alle due di notte?"
John: "Infatti non ha senso. Va bene, usciamo fuori: ci deve delle spiegazioni."

I tre amici, passando per la cucina che da sul giardino di quella che era casa Tallmadge, scorgono la giovane ragazza fuori, al chiaro di luna.
Le teorie turbinano nella mente di John... cosa poteva esserci nello scantinato che ha fatto perdere la memoria a tutti? Si ripromette di tornare a esplorare quella stanza alla prima occasione e di annotare qualunque passo avanti nella loro indagine sul taccuino.
Dopo un respiro profondo, per primo Henry esce all'esterno: "Scusa se siamo trasandati, ma abbiamo avuto un problema con il tuo impianto idraulico."
La giovane dai capelli rossi come il fuoco, Rebecca, osserva i tre membri del Club,  umidi e coperti di polvere,  uscire allo scoperto per affrontarla. Con occhi pieni di tristezza, non può che constatare come Hidden Creek non sia cambiata dalla sua assenza. Il bel volto di Rebecca, coperto di lentiggini, mostra una profonda stanchezza che viene da lontano: "Non ci resta che vivere nei ricordi che abbiamo perso... Scusate se non mi sono presentata subito all'appuntamento: non sapevo ancora che i miei genitori fossero morti da anni."

FINE DELLA SESSIONE

1 commento:

  1. Mi sono preso un'intera serata da dedicare all'ottava sessione di Hidden Creek per un motivo ben preciso: volevo che anche alla lettura trasmettesse le stesse sensazioni del giocato. Per questo log non mi sono limitato alla semplice correzione di qualche errore ma ho riassemblato e ampliato diverse parti: c'è stato bisogno di snellire qualche passaggio (specie dove si sono ripetuti per più volte di fila gli stessi concetti) e ampliare invece la parte descrittiva.
    Spero che il risultato sia di vostro gradimento!
    In ogni caso, una sessione da rileggere in quanto giro di boa per questa campagna.

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