mercoledì 20 agosto 2014

HIDDEN CREEK LOG #20: HOPE


HIDDEN CREEK LOG #20: HOPE


Un tempo remoto, un luogo lontano.
La grande Luna Azzurra calante splende alta nel cielo dell'Inverno, brillante come non mai in questa sera. Anche la foschia che regna perente in questi luoghi si è diradata al loro passaggio. Dal campanile innevato di Hidden Creek che spunta solitario tra le nevi perenni, solo una figura osserva in silenzio la sterminata distesa dove gli spiriti invernali si stanno schierando, in attesa. Non curante del freddo artico, i fratelli Tamlyn, vestiti ancora per l'Estate, salgono le scale del campanile, pieni di un certo timore reverenziale verso colui che li ha finalmente consacrati. Casey Turner, che indossa una vecchia coperta rossa sui suoi normali vestiti, osserva senza i suoi occhiali i due membri del suo Club sistemare cerimoniosamente gli oggetti atti a creare una nuova chiave. Il giovane Turner passa in rassegna con uno sguardo la sterminata armata di spiriti dai denti aguzzi e dalle folte pellicce che già pregustano l'emozione della caccia. Con una certa ansia, Ron e Shelly si fanno da parte mentre il loro nuovo maestro, con un gesto semplice ma regale, versa il sangue di Rebecca sopra gli oggetti all'apparenza di scarso valore raccolti. Ma non sono gli oggetti a sprigionare energia, è sempre chi li utilizza, chi pronuncia le parole.  E quelle parole, ora, con la voce di Casey, mai così regale prima d'ora, si perdono nel vento: "Che il sangue di una Traditrice possa mostrare la strada verso l'Estate alle creature che vivono nell'Inverno. Che queste parole di vendetta possano condurci sulla Luna Azzurra."

È l'inizio. 

Hidden Creek, Domenica sera, 3 Luglio 1977.
Nel giardino della lussuosa Villa Løvenskiold, i membri del The Old Gentlemen's Club si stanno lentamente ritirando vista l'ora tarda. La riunione è finita, i festeggiamenti per il nuovo membro del Club, terminati. Henry scambia ancora qualche parola con il signor Lazard: i rinforzi inviati a presidiare l'Abisso sono già stati schierati e tutte le misure di sicurezza previste per una minaccia del genere sono state dispiegate. Non resta che attendere che la notte giunga al termine. 
Hollie, pronta per tornare a casa, saluta il nuovo membro del Club ammiccando: "Stammi bene, Henry, ci si vede domani..."
Henry non sa bene come salutare la ragazza, sta tutto succedendo così in fretta: "Anche tu stammi bene, buonanotte." borbotta con un sorriso sincero.
L'aria è ancora tiepida stasera, e la vivida Luna argento illumina gentilmente i boschi attorno alla placida cittadina che si intravedono oltre il confine della villa. Un segno, arrivato da lontano, preannuncia ciò che di lì a poco sta per accadere: un piccolo fiocco di neve, solitario e silenzioso, cade dal cielo sereno. Troppo piccolo per essere notato, troppo importante per non esserlo. Il Capo Kincaid aspetta pazientemente il figlio assieme alla moglie mentre Lazard lo riaccompagna all'ingresso della villa. Il milionario di Milwaukee  lascia il suo ritrovato discepolo con parole d'incoraggiamento: "La lezione più importante che ho imparato in questi trent'anni è forse la più semplice: bisogna mantenere l'Equilibrio. Che sia tra il nostro mondo e i loro, che sia tra gli esseri umani e gli spiriti, che sia tra di noi... solo equilibrando le diverse parti in campo tra loro è possibile mantenere la pace."
Henry, con tono greve: "E noi, siamo qui per questo... Vero?"
Di tutta risposta, riceve una pacca sulla spalla: "Bé, ci proviamo... ora va, i tuoi ti aspettano. Buona notte, Henry."
Guardando quella scena, per una volta, l'espressione di Clarke Kincaid non è severa ma soddisfatta. Warren Lazard rientra nella sua magione mentre Henry si dirige al veicolo della sua famiglia. Poco prima che i Kincaid si allontanino con la loro macchina, Lazard esce trafelato fermandoli. L'uomo, riprendendo il fiato mentre Henry abbassa il finestrino: "Una chiamata dalla centrale di Polizia: Clarke, era Diane. Pare che adesso lei e il John si trovino allo studio medico di Ben..." Senza aggiungere altro, Kincaid senior si limita ad annuire partendo in quarta verso il centro di Hidden Creek. Durante il tragitto, la famiglia Kincaid rimane in un rigoroso silenzio: ognuno di loro è legato alla famiglia Turner e VanDreel in maniera così intima e questi giorni d'Estate hanno messo a dura prova quel legame. Finalmente, giunti all'incrocio tra la Pine Street e la Maple Road, l'auto si ferma accanto ad una delle bancarelle tra la confusione dei turisti ancora in giro a tarda ora. Clarke si rivolge al figlio: "Vai a dare un'occhiata, io vado ad avvisare immediatamente il dottor Turner, sarà già a casa. Mi raccomando, Henry, stai attento."
Colpito dalle parole del padre, Henry scende dall'auto e corre rapidamente verso lo studio medico dalle cui finestre al secondo piano si scorge, dietro le tapparelle, una luce accesa. Recuperate chiavi nascoste dietro ad una mattonella rossa del muro dell'edificio, il giovane entra all'interno e comincia a salire le scale. Ma un boato sordo è seguito da una violenta scossa che fa tremare l'intero edificio costringendolo ad aggrapparsi al corrimano come meglio può. Concluso quella specie di terremoto, a Henry sembra di sentire la voce di Diane provenire dallo studio medico in cima alle scale. 
Preoccupato per l'incolumità degli amici, apre la porta dello studio medico mentre un nuovo boato fa vibrare  persino le le assi di legno del pavimento. Incurante di ciò che sta accadendo fuori, Henry entra nella stanza dove il padre di Diane di solito visita i pazienti: sul lettino medico, seduto a fatica, John. Il sangue rappreso dal naso e dagli occhi lascia intendere tutto. Accanto a lui, Diane in condizioni poco migliori. VanDreel si rivolge all'amico sorridendo a fatica: "Henry... abbiamo provato a fermarlo, ma non ce l'abbiamo fatta. Come al solito, siamo vivi per miracolo."
Diane, in lacrime, ma cercando di mantenere un'espressione contenuta: "Henry... mio fratello..."
Henry: "...Come Lazard aveva predetto, è posseduto."
John annuisce: "Da una specie di divinità: qualcosa che vive nel profondo di quei mondi ha aperto una porta verso Hidden Creek per invaderla." John guarda Diane, colmo di riconoscenza, prendendole la mano: "Sono ancora vivo grazie a Diane. Quell'essere dentro di Casey è molto, troppo pericoloso. Ed è stato lui a mandare I fratelli Tamlyn a uccidere Rebecca."
Diane, con sguardo colmo di disperazione, ma con voce ferma: "Casey... forse è troppo tardi. Qualunque cosa sia entrata in lui, lo sta consumando dall'interno..." 
Henry: "E non mi stupirebbe se fosse stato quell'affare ad uccidere Prince per farci sospettare del Club. Potete muovervi?"
Diane annuisce: "Sì... Jo, riesci ad alzarti?"
John si alza in piedi a fatica senza perdere l'equilibrio: "Dovrei farcela... sarà difficile riavere indietro il nostro Casey... forse Lazard sa di un modo? Hai scoperto qualcosa alla villa?"
Henry: "Il club è un'agenzia governativa volta a proteggere questa parte dai pericoli provenienti dagli altri mondi... Ho visto la vera natura della droga, dove vine fabbricata e come, e mi ha detto dell'entità che si trova dietro quella che chiamano “Ultima Porta”: probabilmente è  colui che sta chiamando Casey." Poi, si guarda intorno: "Diane, c'è un telefono nello studio?"
Diane indica l'altra stanza: "Il telefono è sul bancone nell'ingresso."
Henry corre velocemente verso il telefono e compone il numero della villa trovato nell'elenco.
Nel mentre, un potente ululato, un ululato che John e Henry ben conoscono e che fa gelare loro il sangue, riecheggia per tutta Hidden Creek: l'ululato dell'Inverno.
Alla villa risponde il custode il quale, dopo una ventina di secondi di attesa, collega Henry alla linea del signor Lazard.
John, nel mentre, si dirige verso la finestra e sbricia dalle veneziane in strada: "L'attacco e' cominciato!"
All'esterno, i turisti, terrorizzati, si allontanano disordinatamente distruggendo nella loro fuga disperata gli stand della Summer Fest con così tanta cura pianificata da tutta la cittadinanza.
Lazard, dal suo studio al primo piano della villa, risponde al telefono con una certa apprensione: "Henry, come stanno i ragazzi...?"
Henry, in preda all'agitazione: "Casey sta attaccando! Ci sono ululati in strada, sono le creature dell'inverno!"
"Che cosa...?!" l'uomo, colto alla sprovvista, ci mette qualche istante prima di rispondere e, quasi mormorando: "Come hanno fatto ad arrivare senza possedere... non importa. Henry, ascoltami bene,  l'accesso all'Ultima Porta che vogliono. E prenderanno d'assalto il Club e tutti i suoi membri. Non avranno pietà per nessuno, di questo ne sono sicuro. Andate via di lì il prima possibile, cercate di raggiungere la villa: organizzeremo qui una linea di difesa."
Henry non può fare altro che rispondere: "Arriveremo il prima possibile...!"
Lazard: "Non possiamo permettergli di aprire quella porta. A nessun costo, intesi? È per questo che esiste il Club."
Dopo aver salutato rapidamente il signor Lazard, Henry torna da John e Diane: "Dobbiamo andare alla villa in fretta, presto verrà presa d'assalto e dobbiamo difendere l'Ultima Porta ad ogni costo."
John, colto dalla sua paranoia: "Abbiamo un modo per difenderci là? Gli altri membri del club sanno come difendersi da quell'affare? Henry, sei sicuro...?"
Diane: "Se ci arriviamo lì... ed è un “se” molto grande."
Henry: "Hanno ricevuto rinforzi: si aspettavano un'eventualità simile. Dobbiamo andare la e aiutarli, altrimenti non solo la città, ma tutto il Nordamerica sarà in pericolo."
John annuisce, sebbene scettico: "Forse... Forse è meglio che ci raggruppiamo per l'ultima battaglia, almeno Lazard saprà dirci come possiamo affrontare queste creature: tutte le volte che abbiamo provato da soli non abbiamo potuto fare nulla, dobbiamo almeno parlare con lui."

L'Agente Speciale dell'FBI Royal Alston è in piedi di fronte alla grande scrivania di Warren Lazard, puro legno di pino della foresta di Hidden Creek, in attesa di poter parlare. La piccola spia luminosa che segnala la linea del telefono rosso, quella che collega gli impianti e le strutture del The Old Gentlemen's Club con Washington D.C., è attiva. Alston lancia un'occhiata fuori dalla grande vetrata: minuti fiocchi di neve cadono dal cielo con sempre maggiore intensità. Riattaccato il telefono, il Direttore Lazard, mantenendo il sangue freddo, rigira tra le mani la chiave d'oro pensando ai sacrifici che si debbono compiere, sempre e comunque. Alston rompe il silenzio: "Direttore Lazard... Che cosa hanno detto?"
Alzatosi, una volta rimessa nella fondina la chiave, l'uomo risponde: "Interverranno come stabilimmo nei protocolli di sicurezza trent'anni fa: l'operazione ora è in mano al Presidente Carter e il suo Gabinetto. In questo preciso momento, l'USAF sta armando tre A-7D Corsair II della Joint Base Andrews. Prega perché non si debba arrivare a tanto."
Alston non è sorpreso da quella notizia, per troppo tempo è rimasto in gioco per non esserne consapevole: "E allora, vediamo di non dargli la soddisfazione. La mia unità è schierata lungo il perimetro, io raggiungerò gli altri nell'Abisso. Con permesso."
Prima che l'agente si congedi, Lazard si rivolge all'amico e collega ancora una volta: "Roy, posso chiederti un ultimo favore?"

Mentre John e Diane tentano di rimettersi in sesto per uscire all'esterno, il telefono dello studio medico squilla ed Henry corre a rispondere. Alla cornetta, suo padre : "Henry, qui fuori è il caos. Sono a casa dei Turner adesso. Voi ragazzi state bene?"
Henry: "Sì, ho chiamato Lazard: stiamo per andare alla villa. Pa', cercate di raggiungerci se potete!"
Clarke ferma subito il figlio: "Aspetta. Non potete andarci direttamente: le strade sono già invase da quelle creature. Sono già qui, il tempo è scaduto. Henry, stammi bene a sentire: ci sono una serie di cunicoli sotto Hidden Creek che in parte sfruttano le grotte naturali. Se userete quelli, potreste ancora arrivare alla villa senza incontrare ostacoli. Uno degli accessi che usiamo è sotto la vecchia chiesa abbandonata: oltre a un magazzino del Club, c'è anche uno di questi passaggi."
Henry: "Come posso trovare l'accesso?"
Clarke: "Entrando in Chiesa, sotto il pesante altare di legno, c'è una botola: vi condurrà direttamente al magazzino. Quello fu il nostro primo laboratorio."
Henry: "Grazie Pa', buona fortuna!"
"Non è una questione di fortuna. Ho un dovere come poliziotto e come membro del Club. Addio, Henry." Le parole di del Capo Kincaid sono formali, ma il tono in cui le pronuncia è più sincero più di tutto quello che potrebbero dirsi ancora. L'uomo riattacca senza aspettare la risposta del figlio. Henry resta qualche qualche minuto in silenzio, la cornetta del telefono tra le mani, poi riattacca...
Il ragazzo torna da John e Diane: "Avete ancora delle torce con voi?"
Diane annuisce.
John fruga un attimo ed estrae una torcia: "Non me ne sono mai separato..."
Henry: "Allora muoviamoci, non abbiamo molto tempo."

Henry apre con cautela una finestra del piano terra cercando di scoprire se la strada è sgombra. Subito, una ventata di aria gelida filtra dalla fessura. La neve cade incessante come fossero i mesi più rigidi dell'Inverno del Wisconsin. Lungo la Pine Street, gli stand della Festa d'Estate giacciono a terra calpestati mentre si odono urla distanti e qualche colpo di arma da fuoco isolato. L'illuminazione della cittadina comincia a farsi intermittente mentre diverse sagome indistinguibili si intravedono aggirarsi negli angoli bui. Diane guarda sconsolata fuori dalla finestra mentre la sua bocca produce più che un sorriso una smorfia: "La neve d'Estate. Riderei se non stessimo per morire tutti..."
John: "Beh non restiamo qui a vedere lo spettacolo, andiamo!"
Henry: "Dobbiamo raggiungere la vecchia Chiesa abbandonata, c'è un cunicolo che porta alla villa... C'è un modo per raggiungerla passando inosservati?"
Diane scuote la testa: "Bisogna per forza attraversare il quartiere abbandonato ad est, non c'è modo di arrivare fin laggiù senza uscire allo scoperto..."
Henry: "Ci serve un mezzo da trasporto, adesso."
John: "Diane, hai le chiavi della tua auto?"
Diane: "Sì, ma è dalla parte opposta, ancora nel nostro... un momento, un momento: non dobbiamo per forza arrivarci camminando..."
John sospira: "Temevo che lo dicessi... E in effetti ci stavo pensando. Vogliamo provarci, anche se siamo sotto attacco da un esercito di mostri?"
Diane annuisce, tutta eccitata per l'idea che ha proposto: "Henry, hai ancora la foto?"
Henry, dubbioso: "L'ho in tasca. Casa state proponendo?"
John: "Speriamo, col fatto che i mostri sono di qua, che non abbiano il tempo per occuparsi di chi si muove in giro: proviamo a usarla come chiave."
Diane: "Non c'era anche Lazard in quella fotografia?"
"Hai ragione!" Henry tira fuori dalla tasca la foto e la passa a John.
VanDreel: "Aspetta, vuoi usarla per arrivare direttamente da lui? Non è che avrà messo su delle precauzioni per evitare questo genere di cose? Altrimenti I mostri gli sarebbero comparsi in casa... Credo."
Diane: "Oh, giusto... Hai un'altra idea?"
John: "Pensavo di usarla per arrivare alla Chiesa diroccata, la foto mi fa venire in mente il nostro club e  quella è stata la nostra prima base."
Diane: "Tanto basta!"
"Ok allora proviamo. Henry, la foto per favore. Pensate tutti a qualcosa che vi ricorda, come al solito una parola..." John si sente un leggermente a disagio a fare questa cosa.
Diane: "Vediamo... "Campanile"."
Henry: "Rifugio."
"Ehm... ok." John cerca di suonare convinto: "Lo scopo di questa chiave e' portarci al campanile del rifugio del nostro vecchio club."
Attorno a loro, cala il buio: ma è un'oscurità che hanno imparato a conoscere, ormai loro compagna. 

Il tempo di riaprire gli occhi e i tre amici si ritrovano sul vecchio campanile pericolante della Chiesa Evangelica. Il gelido vento artico soffia senza tregua nella notte che si accende di una luce rossastra spettale: l'aurora boreale si contorce nell'atmosfera sopra Hidden Creek. L'immensa sagoma dell'Inverno, dal lucido pelo ora dai riflessi color sangue, si staglia all'orizzonte in direzione di Villa Løvenskiold. Le luci nella cittadina si stanno spegnendo mentre decine e decine di ululati si alzano al cielo rossastro coprendo le grida di disperazione. I tre ragazzi lanciano quello che potrebbe essere  l'ultimo sguardo alla loro casa per poi scendere dal campanile ritrovandosi nel rudere della chiesa dove la neve è entrata attraverso il tetto sfondato dell'edificio sacro. Il massiccio altare di legno è davanti a loro, spoglio e scrostato come sempre. Henry cerca di spostare il grosso pesante ostacolo: "Aiutami John! Il passaggio si trova qui sotto!"
John da una mano come può ed anche Diane contribuisce allo sforzo: l'altare lentamente rivela sotto di sé una botola metallica. Così tante ore hanno passato lì dentro, possibile che non se siano mai accorti? Aperta la botola, Diane fa luce con la torcia illuminando la scaletta che conduce diversi metri sotto terra: "Scendo prima io..."
Una voce purtroppo famigliare interrompe la sorella di Casey: "Due volte? Come siete ripetitivi..." Nella penombra, i capelli biondi di Ron risaltano immediatamente. Il giovane negoziante brandisce il suo fedele fucile da caccia: "credevate che non potessimo percepire i vostri movimenti? Pessima idea creare una chiave..."
La torcia di Diane illumina il loro coetaneo.
Henry fissa con odio Tamlyn: "Dovevo immaginare che due squilibrati come voi fossero in combutta con Casey...!"
Ron si avvicina lentamente puntando il fucile contro Henry: "Alza le mani, da bravo. E anche voi altri. Sapete? Presto sarà tutto finito. L'Inverno è calato e noi che siamo suoi figli abbiamo il diritto di reclamare le nostre prede!" le parole di quel negoziante di provincia suonano così bestiali, selvagge.
Henry alza lentamente le mani e, chiudendo gli occhi, pensa intensamente: (Torcia. Luce. Abbagliare!)
La luce torcia elettrica di Diane emette un bagliore intenso che costringe Tamlyn a distogliere lo sguardo e coprirsi gli occhi. In quel momento Henry fa un rapido scatto in avanti mentre Ron, colto alla sprovvista, tenta di alzare il fucile ma il poderoso destro di Henry Kincaid atterra prima sulla sua faccia facendolo cadere a terra. Tamlyn emette un ringhio non umano per la rabbia, poi sta per reagire quando, riaperti gli occhi, vede il suo fucile in mano a Kincaid. Henry, con tutta la forza che ha in corpo, colpisce violentemente Ronald Tamlyn in testa con il calcio del fucile e questi perde conoscenza per il colpo ricevuto. Di nuovo.
"Ben fatto Henry!" esclama John, sudato per la tensione nonostante il freddo tagliente, mentre fruga nello zaino a cercare la sua corda: "Immobilizziamolo e lasciamolo qui, così non ci darà più problemi."
Henry, che non smette di puntare il fucile verso quel corpo inerme: "Va bene, ma muoviti prima che arrivi la sorella... Io lo ammezzerei qua come il cane rabbioso che è, ma ho paura che lo sparo attiri la loro attenzione."
John annuisce e si mette a legare Ron mormorando: "Questa corda legherà Ron fino a quando non lo torneremo a liberare." John si chiede se può fare a meno delle formule altisonanti: "Questo è lo scopo eccetera eccetera..."
La rossa luce notturna che scende dai cieli proietta un'esile ombra sulla neve all'interno della Chiesa. Ancor prima che si possano voltare, la dolce voce di Shelly giunge fino alle loro orecchie: "Vi prego, risparmiate mio fratello!"
John, alza rapidamente la testa: "Non è possibile! Non c'è una chiave per farvi passare la voglia di venirci a uccidere?!"
Dalla cavità del tetto sfondato si intravede Shelly Tamlyn, i capelli argentei riflettono la luce rossastra come le pellicce delle creature che provengono dall'Inverno.
Henry, senza alcuna esitazione, punta il fucile contro di lei: "Shelly, se vieni giù e ti fai legare docilmente non gli accadrà nulla. Hai la mia parola."
Udite quelle parole, la giovane compie un balzo di diversi metri e atterra pesantemente sul pavimento innevato della chiesa facendo vibrare quelle vecchie assi sconnesse di legno. La giovane alza le mani lentamente: "Non vi volevamo uccidere... Se Lui avesse voluto, vi avrebbe ucciso tempo fa. Ma non è il suo desiderio."
Henry ignora le parole della ragazza: "Ora mettiti al fianco di tuo fratello e fatti legare, da brava."
Shelly si siede docilmente vicino al fratello mentre, alle parole di John, la corda si avvinghia a loro immobilizzandoli: "Eravate così amici, questo è triste."
Lo sguardo di John rivolto alla sorella minore di Ron è carico di amarezza: "Come pensi che possiamo crederti con tutto quello che sta succedendo? Shelly, avete condannato Hidden Creek... I mostri con cui vi siete alleati non risparmieranno nessuno. Questo lo sai dannazione!"
Shelly volta la testa senza rispondere mentre Diane mette una mano sulla spalla John: "Andiamo via, lasciala stare." In qualche modo, per qualche motivo, riesce a capire quella ragazza.
"Ringraziate Dio che non sono un mostro come lo siete voi..." Henry, col fucile a tracolla si avvia all'altare e scende nel passaggio seguito dagli altri due: "John, sigilla l'ingresso."
Estratta dal suo zaino una candela, una volta accesa con uno dei suoi fiammiferi, lasciare cadere qualche goccia di cera intorno al bordo della botola: "Un tempo la cera si usava per sigillare le cose... Voglio che la botola si sigilli." esclama mentre richiude il pesante portello metallico sopra di loro.

Scesa un'interminabile scaletta metallica alla luce pallida dei faretti collegati al generatore d'emergenza, i tre si ritrovano davanti ad una porta blindata, del tutto simile a quella vista da Henry in casa di Lazard. La spessa porta è socchiusa, come se da distanza qualcuno avesse disinserito il lucchetto elettronico.
"Occhi aperti." Henry conduce fa strada all'interno di un magazzino dove decine e decine di grossi contenitori sono accatastati lungo le pareti. Al centro della stanza è situata una colonna in cemento dove sono fissati un telefono rosso, un kit di pronto soccorso e quattro fucili a canne mozze chiusi a chiave in uno stipetto. A quanto sembra, guardando il soffitto, che corrisponde al pavimento della chiesa, si cela un grosso portello da dove poter prelevare le casse. Un porta di servizio color arancio indica l'ingresso ai cunicoli che si snodano sotto Hidden Creek e dintorni. John si dirige verso il kit e ne svuota il contenuto nel suo zaino: "Questo potrebbe essere molto utile."
Henry, poggiato in un angolo l'ingombrante fucile da caccia di Tamlyn, forza lo stipetto e fa a cambio con uno di quelli in esso contenuto mentre si rivolge a Diane: "Vedi quelle casse? Contengono Wooden Nickel in quantità industriale: prendi qualche dischetto, potrebbero esserci utili per amplificare il nostro potere."
John: "Per amplificare il potere? Servono a questo? Come funziona?"
Henry: "A quanto mi ha spiegato Lazard, servono agli agenti governativi a viaggiare tra i piani, non so se effettivamente possono potenziarci, ma non si sa mai."
Diane va a sbirciare in uno dei contenitori: al suo interno, fino a riempirlo, dischetti di Wooden Nickel ordinatamente fasciati e impilati come fossero monete uscite dalla United States Mint. Diane, sarcasticamente: "Ohh, il tesoro dei pirati... Mi chiedo quanto effettivamente possano valere. Credete che Lazard sia diventato milionario in questo modo?"
Henry: "Probabile: il Club rifornisce il Governo dopo tutto. Ho come il sospetto che le altre attività di Lazard siano solamente una copertura."
Diane infila in tasca una manciata di dischetti: "L'ho sempre detto tutta l'attenzione rivolta a Hidden Creek in questi anni è  stata sproporzionata..."
Henry, con il fucile a pompa in una mano, apre la porta arancione del passaggio: "In marcia gente."

I faretti che si alternano ad una distanza costante illuminano lo stretto percorso che continua a scendere in profondità. La rete sotterranea di cunicoli è un labirinto di incroci e diramazioni ben al di sotto del sistema fognario cittadino, forse addirittura del fiume sotterraneo. Ad ogni svolta, delle targhette indicano la direzione per facilitare l'orientamento: vi sono accessi e passaggi sparsi per tutta Hidden Creek. Uno di questi cartelli indica "Red Oak - Rifugio": che ci siano modi per mettersi in salvo? Forse il destino di chi è rimasto in superficie non è per forza segnato. Così isolati dal mondo esterno, sembra di essere in uno di quei tanti mondi dai quali sono scappati tante volte. Dopo aver vagato per quasi due ore, quando un certo nervosismo ha cominciato a serpeggiare nel loro viaggio sotterraneo, un cartello ad un bivio sembra indicare la loro destinazione: "Løvenskiold – Villa". Seguendo quella deviazione, il cunicolo comincia lentamente a risalire per giungere a quella che sembra essere un'altra porta arancione. Trovatisi di fronte ad una scaletta metallica che dovrebbe condurre all'esterno, Henry fa cenno agli altri due di attendere mentre risale la scaletta e cerca di aprire lentamente la botola per osservare la situazione all'esterno. Alla luce rossastra dell'aurora boreale, sollevata la copertura metallica, gli occhi di Henry si abituano alla penombra realizzando di trovarsi da qualche parte nel giardino anteriore della villa, probabilmente in una serra. Da quella posizione la visibilità è scarsa, ma Kincaid può constatare che la temperatura è ancora diminuita mentre un silenzio di tomba è calato ovunque nella villa, sagoma nera che si intravede dalle vetri della serra. Subito richiude la botola e ridiscende la scaletta.
John in agitazione: "Cosa hai visto? Dobbiamo arrivare alla villa prima delle creature, altrimenti non rimarrà nessuno da aiutare!"
Henry: "Freddo e desolazione... La villa è a qualche decina di metri, siamo già nel suo perimetro. Purtroppo, devono essere già entrati. Vediamo se c'è un altro accesso."
John: "Freddo e desolazione sono ovunque oggi... va bene, cerchiamo di arrivare più vicini allora: abbiamo incontrato un bivio prima, proviamo quello."
Diane è presa dallo sconforto: "Avete mai pensato che forse potremmo essere arrivati troppo tardi?"
Henry, tentando di rassicurare la ragazza: "Se fossimo arrivati troppo tardi, non ci sarebbe più speranza per nessuno di noi... E questo posto non può aver ceduto così facilmente, avevano ricevuto rinforzi proprio per questa evenienza! Dobbiamo tentare di metterci in contatto con loro finché siamo vivi."

Tornando al bivio incontrato in precedenza, i tre giovani proseguono ancora più a Nord. L'indicazione questa volta recita: "Løvenskiold – Laboratorio". Proseguito il tragitto per ancora una decina di minuti, senza incontrare altre diramazioni, finalmente un'altra porta arancione. Henry non riesce ad aprirla, come se un ostacolo dall'altra parte ne bloccasse l'apertura. Mettendosi a spingere tutti assieme, la porta si apre  leggermente. Subito diversi detriti di cemento e metallo entrano dalla fessura aperta a fatica mentre un vento gelido che trasporta una nube di polvere li investe: quello che era il laboratorio sotterraneo visitato poche ore prima da Henry, ora è un ammasso irriconoscibile di detriti. Ma la cosa che sconvolge maggiormente il giovane Kincaid è la bianca luna ben visibile mentre la neve cade copiosa disegnando forme spettrali: parte della stessa villa, ormai sventrata, è collassata fino a quel livello inferiore.
John osserva la desolazione: "Henry... Dobbiamo trovare Lazard. Sai dove potrebbero essere?"
Henry tenta di richiudere la porta riuscendoci a fatico: "Se è ancora vivo, sarà di sicuro nell'Abisso. C'è un solo modo per raggiungerlo: usare la foto come chiave." Poi si rivolge all'amica: "Diane, prendi un dischetto, per arrivare laggiù ci servirà tutto l'aiuto possibile."
Diane annuisce frugando nel suo zaino tirando fuori un dischetto.
John: "Aspettate, non mi sembra una buona idea cercare di raggiungere Lazard con la chiave. Henry, pensi che non ci sia una parte della villa rimasta in piedi?"
Henry: "Questo era il bunker sotterraneo, un luogo grande almeno il doppio della villa...se si vede il cielo, vuol dire che della villa è rimasto ben poco."
Diane rigira il Wooden Nickel tra le mani: "E allora facciamolo, andiamo da Lazard creando una porta."
Henry prende la foto mentre Diane lancia il dischetto a VanDreel: "Accendilo."
"D'accordo, proviamo allora. Sicuro che senza non funzioni?" John estrae l'accendino e con un certo scetticismo da fuoco al Dischetto. I tre inalano il denso fumo nero prodotto, completamente inodore.
Henry: "Pensate tutti a qualcosa su questa foto, ed esprimetelo con una parola. Io dico: “Vincolo”."
Diane: "“Passato”."
John: "“Risposte”."
Ascoltate le risposte degli altri, Henry prosegue: "È vincolo di questa chiave portarci dall'uomo del nostro passato che conosce le risposte."
Lo stretto e lungo cunicolo dove si trovano in questo momento comincia a diventare sempre più sfocato ai loro occhi. I contorni appaiono via via meno definiti, come se si potessero sovrapporre tra loro. In questo stato allucinatorio, i loro occhi adesso riescono a guardare lontano, oltre all'angusto luogo in cui sono rintanati al momento. La loro mente, proiettata oltre le barriere fisiche, viaggia altrove, in alto nel cielo notturno. Un filo dorato si snoda nell'innaturale bufera di neve guidandoli nella loro ricerca. Sotto di loro, come tante fiaccole, gli Spiriti presenti ad Hidden Creek brillano come tante fiamme. E infine, l'esile filo si spezza di fronte al grande fuoco gelido dell'Inverno, incendio ghiacciato che divampa incontrollato: non c'è più alcun Warren Lazard da raggiungere ormai. L'effetto del Wooden Nickel comincia a venire meno mentre,  in lontananza, le sagome di tre A-7D venuti da chissà dove si apprestano a riversare una pioggia di fuoco sulle antiche foreste seguendo un protocollo scritto vent'anni prima. I tre giovani si ritrovano nuovamente al freddo del corridoio metallico sotto i resti di ciò che un tempo era il The Old Gentlemen's Club.
Henry, sconvolto: È... morto. Lazard è morto.
John scrolla l'amico: "Abbiamo problemi più immediati a cui pensare! Stanno per incenerire Hidden Creek... Ma anche se fermeranno questa prima ondata, non so se saranno in grado di bloccare quello che deve ancora arrivare. Henry, forse il Club è andato distrutto ma qualcuno deve impedire che l'Ultima Porta si apra. Sei stato tu a dirlo, dannazione!"
A quelle parole Henry torna in sé e,  presa nuovamente in mano la foto che funge da chiave: "Questa chiave non ha ottemperato al suo vincolo, vi sono altre interpretazioni alla formula usata, potremmo provare ad arrivare direttamente a Casey invece."
John: "Hai un'idea per fermarlo? O di dove possa essere al momento? Forse dobbiamo essere più precisi, quella cosa non è più Casey. Ha detto di essere... Il Fiume Nascosto."
Diane: "...Non c'è più nulla che ci leghi a lui, non è vero?"
Henry: "Senza più il Club ad ostacolarlo, quell'essere sarà già nell'Abisso dove riposa il mastodontico fossile di un Dio antico: laggiù si trova l'Ultima Porta."
John: "Allora andiamo, presto! Forse possiamo sfruttare il Wooden Nickel per arrivare là più velocemente!"
Henry: "Diane, passa un altro dischetto."
L'amica rapidamente ne lancia uno a Henry il quale lo sbriciola: "Che le ossa della creatura fungano da chiave verso il luogo in cui riposa." 
Quando il pavimento del cunicolo comincia ad assorbirli, Kincaid è sicuro di aver aperto la porta che conduce all'Abisso.

L'oscurità è finita.
Henry, John e Diane discendono lentamente nelle profondità infinite dell'Abisso cullati da una luce tenue e diffusa: ciò che era un tempo il vuoto assoluto, ora è illuminato dal chiarore notturno di un oceano stellare che li avvolge. Ma quegli astri splendenti attorno a loro non sono stelle: sono chiavi. Miliardi e miliardi di chiavi radianti, vie d'accesso per altrettanti mondi, fluttuano senza peso nel vuoto creando l'illusione di costellazioni e galassie lontane. Con le menti intorpidite da ciò che va ben oltre la loro comprensione, i loro corpi alla deriva affondano in questo universo metallico fino a quando, titanico e ancestrale, il teschio del Fiume Nascosto, un isola in questo mare, impone la sua sagoma terrificante, le grandi corna di cervo mani protese in avanti ad accoglierli. Dove c'era morte, ora c'è vita: sul desolato cranio, mutato in terra fertile, un'intera foresta si espande e cresce tra torrenti e alture. La loro discesa termina su di un umido manto erboso di una collina tra gli alberi del bosco, ancora anestetizzati dal lungo viaggio. Mentre tornano coscienti, i tre giovani di Hidden Creek scorgono, seduto sul prato a pochi metri di distanza, Casey Turner osservare assorto il cosmo di chiavi sopra di loro, avvolto nella vecchia coperta rossa delle lunghe notti estive trascorse assieme al suo fidato telescopio.
Diane, ancora intorpidita, non proferisce parola ma tenta di rimettersi in piedi aiutata da John.
Henry, usando il fucile a pompa come bastone, si solleva da terra senza distogliere lo sguardo da Turner.
Casey gira la testa verso i tre amici di un tempo, senza alzarsi, la sua voce è tranquilla, serena: "Sapevo che sareste arrivati fin qui, sapevo che non vi sareste persi l'apertura dell'Ultima Porta per nulla al mondo. Tutto quello che desideravo era la vostra amicizia, la vostra lealtà." Il ragazzo alza un braccio ed indica il cielo stellato: "Quelle sono le chiavi che ho raccolto. Sono belle, vero? Sembrano stelle in questa oscurità. Di tutti i mondi che ho vistato, di tutto ciò che ho veduto, nulla è come Hidden Creek. Tutte queste chiavi, e nessuna è quella di casa. Così, non mi resta che aprire l'Ultima Porta: finalmente potrò tornare a casa, userò l'energia tutte quelle che ho trovato per forzare la serratura."
John allunga una mano verso Casey, e comincia avvicinarsi lentamente: "Non finché ci saremo noi qui ad impedirtelo."
"Non se ti fermiamo prima." Henry, in un unico, rapido, gesto, punta il fucile verso di lui e spara.
"NO!!!" Dopo un grido di disperazione, Diane cade a terra, priva di conoscenza.

Casey viene colpito in pieno, quasi a distanza zero. La sua carne viene trapassata mentre il suo viso diviene un'irriconoscibile maschera di sangue. Sbalzato all'indietro, il corpo senza vita del giovane cade riverso nell'umida erba della notte.
Henry ha un attimo di sbandamento, un senso di nausea. Stretto tra le mani il fucile, fattosi d'improvviso così pensante, Kincaid lo punta al cielo e, sparato un altro colpo, grida con tutta l'aria rimastagli nei polmoni: "Avanti,  avanti! Non prendermi per il culo! Se fosse sufficiente questo per fermarti sarebbe bastato il Club! Fatti vedere, fatti vedere!"
John rimane impietrito e, pallido, trema come un foglia stringendo Diane tra le braccia. Cerca di continuare a ripetersi che quello a terra non è Casey, non più da tanto tempo. Con un filo di voce: "Henry... la creatura mi aveva detto che quel corpo era l'unica cosa che la legava a noi..."
Diane, riaperti gli occhi, mormora: "E infatti, non basta. Perché continuate a non capire, Io non sono vostro nemica. Jo, vorrei solo che tornassimo a sorridere tutti assieme."
John, inorridito, lascia immediatamente la ragazza che subito si rialza. VanDreel osserva Diane con estremo timore: "Ha posseduto lei... Aspetta, parliamone, lasciala andare! Henry, non fare nulla, ora è chiaro che non serve!"
Henry, fronte madida di sudore, senza ascoltare l'amico, punta il fucile verso Diane, tenendola sotto tiro: "Quindi passa di persona in persona..."
John, senza pensarci due volte, si rivolge alla creatura: "Ti prego, lascia andare Diane, prendi me piuttosto."
Diane: "Jo, se mi ami veramente, lascia che avveri il desiderio di mio fratello, il nostro desiderio. Ora ricordo, ricordo tutto, sento che la memoria riaffiora. Questa consapevolezza che  ci è stata negata: eravamo uniti, tutti noi volevamo la stessa cosa, aprire la porta e porre fine al Club. Henry, ricorda cos'hai trovato nel campanile, quella scatola con i nostri ricordi?"
John scuote la testa: "No, Diane non vorrebbe questo: non puoi negare tutto quello che è successo nel frattempo. Entrandole nella mente le hai imposto troppe memorie tutte insieme. Sono morte molte persone per questa porta, quante ne devono ancora morire?"
Henry: "Non importa chi eravamo quattro anni fa, importa solo chi siamo adesso e quale futuro abbiamo deciso. Non mi farò traviare da te, che sei solo un'entità incorporea., un parassita che approfitta delle debolezze altrui."
John: "Manovri le persone come marionette, manipolando i loro ricordi per sentirti giustificato, ma la verità è che vuoi solo costringerci tutti a lavorare per i tuoi scopi. Devi anche accettare che se le persone scelgono di cambiare, non puoi riplasmarle come vuoi tu. Secondo me, anche dopo tutto questo tempo, non sai molto degli esseri umani."
Diane: "Jo, credete veramente che ci sia differenza tra umani e spiriti? Dopo tutto, siamo simili. Simili nei desideri, simili nelle speranze. So che le persone non si considero animali, ma lo sono. Dovremmo coesistere."
John si guarda intorno: "La verità è anche quello che ci aveva detto Casey, ammesso che fosse ancora lui: questo mondo in cui vivono gli spiriti e' un mondo selvaggio, più semplice, fatto di violenza e potere. Tu hai il potere più grande e fai ciò che ti aggrada e pensi di poter fare così anche nel nostro mondo, ma le regole per noi sono diverse: per cui più cerchi di costringerci e cambiarci, più lotteremo contro di te. Non capisci? Alla fine tornerai a casa, ma solo per distruggerla. Sono d'accordo che umani e spiriti dovrebbero convivere, ma guarda quello che è successo. I tempi semplicemente non sono ancora maturi. In questo momento, l'aviazione sta bombardando Hidden Creek... Chi è sopravvissuto agli spiriti adesso viene incenerito dai "nostri" soldati. Cosa credi che succederebbe se tu passassi di là? Non esiterebbero a lanciarti addosso tutto il nostro arsenale nucleare pur di fermarti! La verità è che la pace è possibile, ma dobbiamo lavorarci da entrambe le parti." VanDreel cerca febbrilmente di trovare una soluzione al problema, cercando di non pensare che sta tentando di far ragionare una divinità che fino a poco prima voleva ucciderlo: "Noi possiamo aiutarti, forse, ma questa guerra deve finire ora. Non si può arrivare alla pace con la guerra. Questo anche a voi ormai dovrebbe essere chiaro. Forse si può lavorare per preparare i due mondi a convivere, ma ci vuole tempo. E non si può fare in questo modo."
Diane: "Siamo stati noi ad andare da Lui, Jo. Quattro anni fa. Noi abbiamo cercato un contatto per primi. Ti sei mai chiesto com'è accaduto? Sono stati i nostri genitori a spingerci nelle profondità sconosciute, loro a forzarci ad entrare nel Club. È solo colpa loro se abbiamo perso la memoria. E dopo tutto questo, difendi ancora quella gente?"
John: "Esatto, sì, li difendo! Ed è questo che né tu né gli umani come quelli che ci stanno bombardando comprendete: bisogna perdonare gli errori, andare avanti. Capisci?"
Diane: "Jo, avete appena ucciso Casey, un vostro amico, mio fratello... Avete condannato la città alla distruzione... sono state le vostre azioni, non le mie. E per quanto cercherete di negarlo, in fondo al vostro cuore lo sapete."
John in cuor suo sa che quelle parole corrispondono a verità, ma nonostante questo non desiste: "Non ha senso cercare la colpa, alla fine è un cerchio infinito. Noi abbiamo fatto queste cose, ma se tu non avessi preso il controllo di Casey non sarebbe successo nulla! E come dici anche tu, se i nostri genitori non ci avessero portato... Lo vedi? Dobbiamo pensare a cosa fare, qui e ora. Dobbiamo pensare al futuro."
Diane: "Mi parli di perdono, mi parli di colpe... Forse hai ragione. Nonostante mi abbiate tradita, io sono vostra amica: lo sono sempre stata, da quanto ci incontrammo quindici anni fa. Ero la vostra amica, e vostra solamente. Ora aprirò la porta e sarà il mio regalo per voi." Ormai, è incomprensibile chi stia parlando, se Diane o meno.
John fissa la ragazza cercando di farsi forza: "Diane, se esiste ancora qualcosa di umano in te, ti prego non farlo. I sentimenti che condividiamo te lo impediranno, so che anche tu non lo vuoi davvero!"
Appena sentite le parole della sorella di Casey, Henry estrae la chiave della Sorgente dal suo smoking grida: "Tramite questa chiave, ordino alle altre chiavi di sigillare le loro porte!"
Diane e John subito si voltano verso Kincaid ma nulla accade.
Henry pieno di rabbia stringe con tutta la sua forza la chiave in una mano e ringhia alla giovane: "Mostro, forse non potrò forzare le chiavi tra loro ma ciò non toglie che non mi arrenderò! Ho ancora la chiave della Sorgente: se tenterai di aprire la porta, la userò per annegarci! cosa farai quando saremo tutti morti e non avrai un corpo da usare?"
Diane, con sguardo rassegnato, ferita nel profondo dalle parole di Henry: "Allora è vero, è vero che le persone cambiano dopo tutto. È in questo che umani e spiriti sono differenti: la durata di una vita intera non è che un istante al confronto della Sua. Avrei voluto che le cose fossero andate diversamente: la nostra ultima Estate assieme non sarebbe dovuta terminare in questo modo. Adesso, non interferite." a questo punto, la ragazza si volta per allontanarsi. 
Il tempo del dialogo è finito.

John, con lo sguardo pieno di determinazione, afferra per un braccio Diane, tentando un'ultima, disperata mossa: "Non cosi' in fretta! Ron diceva che la carne di un membro del Club ha un valore speciale. Bene. Esistono chiavi per aprire e chiavi per chiudere. L'apertura di questa porta va contro tutto ciò che sono e il mio scopo è tenerla chiusa!"
Diane immediatamente si libera dalla presa di John scaraventandolo a terra. Il suo sguardo non ha più nulla di umano: "Che cosa hai fatto?!"
Henry sta per premere nuovamente il grilletto, quando John gli grida: "No, no! L-l'ho fermata."
Diane per qualche istante si blocca, poi osserva i due amici d'infanzia con sguardo ancora umano, delle lacrime rigano il suo delicato volto: "Non mi costringete a uccidervi... Non voglio farlo!"
John lentamente si rimette in piedi e, scegliendo con estrema attenzione le parole: "Non sei costretta a farlo se non vuoi. Non capisci? Dobbiamo raggiungere un accordo e quando giudicheremo che il momento sarà quello giusto apriremo la porta. Insieme, umani e spiriti. Henry può occuparsi di preparare le trattative con il Governo. L'hai detto tu: Cosa ti costa aspettare? La lunghezza delle nostre vite è nulla rispetto alla tua..."
Diane si asciuga le lacrime: "Una vita degli uomini? Posso aspettare una vita."
John tira un sospiro di sollievo. "D'accordo, forse stiamo arrivando da qualche parte."
Diane: "...Ma sarà la vita di Diane. So che in questo modo non mi tradirete, non più. In fondo, siamo amici."
Henry: "Scordatelo! Gli spiriti hanno il loro mondo, e noi umani il nostro, una convivenza non è più possibile... porterai solo dolore!"
John: "Una convivenza è sempre possibile, apri gli occhi, Henry! Questo mondo esiste ed è l'ora che gli umani ne prendano atto, altrimenti ci saranno sempre e solo massacri. Non vogliamo ripetere gli errori della storia!" poi si rivolge alla giovane: "Dovresti ridare a Diane la possibilità di scegliere se vivere la sua vita in questo modo. In ogni caso, io resterò con lei."
Diane: "Ma io voglio restare qui, Jo. È l'unico modo per non dimenticare mio fratello Casey, la mia famiglia, le nostre estati a Hidden Creek."
John sorride a Diane: "Allora rimarrò anche io: voglio imparare di più sul mondo degli spiriti. Possiamo viaggiare insieme. La convivenza è possibile solo con la comprensione e la conoscenza." 
Henry è furioso: "Sei troppo ingenuo, Jo! Lei sta usando le fattezze di Diane per ottenere ciò che vuole. È il tuo essere accomodante con queste bestie che porterà solo disastri. Hai visto quello che hanno fatto alla nostra città, vuoi scatenare questa follia sul mondo?!"
John: "No, Henry, stiamo raggiungendo un accordo. Io credo che queste creature non ci conoscano e che quindi dobbiamo insegnarci a vicenda qualcosa prima di riuscire a comunicare."
Diane: "Henry, credi a tal punto che non possa esistere una convivenza? Anche se abbiamo intenzione di dimostrare il contrario?"
Senza rispondere, Henry stringe la vecchia foto e, tramite quell'immagine di Lazard, usa tutta la sua volontà per richiamare a sé la chiave d'oro dell'uomo. Per un istante, lassù in cielo, una stella brilla più forte di tutto il resto dell'universo: nella sua mano, poco dopo si materializza la chiave d'oro.
John, sperando che Henry non faccia azioni avventate: "E quella cos'è?"
Kincaid: "La chiave dell'Abisso: se volete restare in questi mondi, restateci! Ma non vi consentirò di aprire l'Ultima Porta: potrete viaggiare per tutti i mondi che desiderate, ma non dovrete violare il nostro."
John: "Ti prego, rifletti: ora abbiamo raggiunto un accordo pacifico, non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia e fingere che tutto questo non esista. Prima o poi uno spirito troverà una persona come Casey  o Ron e tutto ripartirà da capo, non capisci? Apriremo l'Ultima Porta solo e quando gli uomini e gli spiriti daranno il loro consenso insieme, di questo hai la mia parola. Pensa a quello succede in tutte le guerre: la gente fa finta che non ci siano  problemi, la tensione sale e poi scoppia il conflitto! Il Governo deve sapere e cambiare il proprio punto di vista. Il mondo un giorno dovrà sapere!"
Henry: "Questo non succederà: convincerò il governo a lasciarvi stare, a patto che voi facciate lo stesso con noi."
Diane, con precauzione: "Henry, non farlo. Jo ha ragione, c'è ancora speranza. So che non credi alle mie parole, ma, ti prego, almeno credi alle sue!"
Henry guarda con disprezzo Diane: "Taci, con me non attacca: io sono l'ultimo sciamano del The Old Gentlemen's Club, l'ultimo responsabile di questa porta e l'ultimo baluardo tra l'ordine e il caos: non posso permettervi di attuare il vostro proposito!"
John esclama: "Proprio perché sei tu, sei l'unica speranza del nostro mondo! Non capisci? Sei l'unico che è stato qui, l'unico che ha visto che questo posto esiste e che è possibile ragionare con gli spiriti. Se decidi di fare finta di niente, alla fine della tua vita tornerà tutto come prima, insabbiato. Ora hai la possibilità di fare qualcosa di concreto! Gli spiriti ignorano il nostro concetto di tempo, per loro non cambia mai nulla! È per questo che non capiscono ancora che noi possiamo cambiare nel corso della nostra esistenza. Ma dobbiamo dimostrargli che possiamo cambiare noi stessi e il mondo in cui viviamo. Poco alla volta, ma dobbiamo provare. Guarda per esempio..." VanDreel non sa come chiamare Diane: "Il Fiume Nascosto... o Diane: ha cambiato idea! Non capisci? È  un momento epocale!"
John: "Fiume, Diane, era mai successo questo, che gli umani e gli spiriti si mettessero d'accordo pacificamente? In tempi "recenti" intendo. E intendo tutti gli umani, non come quello che e' successo con Casey. Una convivenza pacifica."
Henry è stanco delle delle vuote parole di John e non intende più prestare orecchio alla creatura che parla tramite Diane. Alzata la chiave d'oro al cielo, con il fare teatrale tipico di Lazard pronuncia a gran voce: "Il compito di questa chiave è sigillare per sempre l'Abisso: che nessuna creatura di nessun mondo possa più accedevi!"
Un  grido, potente quanto silenzioso, risuona in tutto l'Abisso.

Al grido muto di Diane, l'universo metallico di chiavi scintillanti comincia a vibrare incessantemente. Un suono acuto e rabbioso penetra fin dentro le loro anime mentre le intricate geometrie astrali si sfaldano  agitandosi come un mare in tempesta. La giovane, volto contratto in una smorfia grottesca, comincia a contorcersi come fosse un serpente. John si getta verso la ragazza afferrandola: "Diane, Diane! " il giovane, non rivolgendosi a qualcuno in particolare implora: "Fermo, aspetta! Non buttare via tutto quello che abbiamo detto!"
Il corpo di Diane smette di contorcersi, risvegliandosi dal sogno ad occhi aperti che ha vissuto fino a questo istante.
Henry lascia cadere il fucile a terra, osservando atterrito l'intero firmamento agitarsi e gridare: "È tutto finito..."
John smette di pensare a tutto il resto e si rivolge a lei "Diane, come ti senti?! ...Sei di nuovo tu?"
Diane è assalita della disperazione più profonda quando la realizzazione della morte di Casey torna anch'essa alla sua mente. VanDreel, impotente, non può fare altro che osservare la miseria di Diane, ormai senza più speranza: "...Vorrei non esserlo."
John, incollerito: "Henry, avevamo trovato una soluzione! Tu pensi davvero che tutto sia finito così?!"
Henry appena vede avvicinarsi John, lo afferra per la camicia a quadretti rossi: "Avevamo la soluzione?! Io ho attuato la soluzione finale, era quello che doveva essere fatto dal principio! Abbiamo vinto, Jo."
John: "E così, abbiamo perso anche te... Ormai parli proprio come un soldato. Era ciò che volevi fin da bambino, vero...?"
L'intera foresta dove si trovano comincia a morire attorno a loro, il vigoroso legno marcisce, i fecondi animali si decompongono mentre l'energia vitale che la pervadeva la sta rapidamente abbandonando.
Sopra di loro,  l'oceano tempestoso assume una nuova forma, un nuovo scopo Dapprima poco più che una sagoma, una figura immensa, ancora più colossale delle spoglie su cui si trovano in questo istante, assume con dettaglio crescente le sembiante di un serpente dalle corna di cervo. Le chiavi, unite tra di loro da una forza sconosciuta, si plasmano formando il grande Fiume Nascosto.
Henry, afferrata anche Diane, alza la chiave d'oro e dice: Torniamo dall'altra parte!"
Mentre i ragazzi di Hidden Creek cominciano a scomparire per tornare al loro mondo, Diane osserva ancora per qualche istante quella figura ancestrale. Il loro amico d'infanzia dimenticato da tempo. 
È un attimo.

Hidden Creek, prime luci dell'alba, 4 Luglio 1977.
Un pallido sole comincia ad intravedersi oltre la densa coltre di fumo nero che copre i cieli della Forest County. L'aria è pensante e quasi irrespirabile, cenere grigia cade a piccoli fiocchi trasportati da un vento caldo e appiccicoso. Ancora più brillante del sole, il vasto incendio che divora le foreste circostanti la cittadina senza tregue dalla scorsa notte. Diversi furgoni e mezzi blindati dell'esercito sono stazionati ovunque nell'area mentre barricate e blocchi sono stati dispiegati in ogni strada della cittadina. Ma è il dispiegamento di truppe, munite di tute NBC e pesantemente armate, a fare più impressione di qualsiasi altra cosa. Nei pressi di Pine Street, davanti alla Town Hall, i tre si ritrovano a camminare all'interno di uno scenario bellico, spaesati. Per qualche istante sembra loro di essere finiti nelle immagini che i telegiornali mostravano del Vietnam. Questa è la realtà, questo è il loro mondo.
Henry avanza lentamente con lo sguardo vuoto tra la cenere che ricopre l'intera Hidden Creek: "Il pericolo per ora è stato scongiurato."
Diane, con la poca forza che gli rimane, supera Henry e lo colpisce al volto con un pugno: "Il pericolo è stato scongiurato...?! Hai ucciso mio fratello...!" dice la giovane prima di cadere sulle proprie ginocchia nella cenere, in lacrime, mentre Kincaid non muove un muscolo fissando la sorella di Casey con occhi vuoti e, non rivolto ad alcuno degli altri due in particolare, mormora: "Non credevo che sarebbe morto per così poco... Pensavo che l'ospite sarebbe stato più vincolato al corpo e lo avrebbe salvato. Un errore di valutazione."
John lancia un'occhiata inorridita verso Henry mentre aiuta la giovane ad alzarsi: "Come puoi definirlo un "errore di valutazione"?! Per Dio, Henry! Vieni Diane, andiamo via. Ti porterò lontano da Hidden Creek, il più lontano possibile..."
Quando John sta per allontanarsi, si avvicina a tutti loro un manipolo di soldati che, avendoli notati, con i fucili spianati immediatamente li circonda intimando loro di alzare le mani.
Henry alza molto cautamente le mani, stringendo in una di esse la Chiave dell'Abisso, subito imitato da John e Diane.
VanDreel: "Non sparate, siamo disarmati! Eravamo nel bosco e ci siamo salvati per miracolo dall'incendio..."
Un uomo, il cui viso è coperto dalla maschera antigas, si fa strada tra i soldati: "VanDreel? Siete veramente voi?" Con indosso un logoro completo nero, cravattino di cuoio incluso, l'Agente Speciale dell'FBI Royal Alston, braccio destro fasciato, si fa strada tra i soldati facendo cenno loro di abbassare le armi: "Questi civili fanno parte del club, è tutto apposto."
John alza gli occhi al cielo, ormai è entrato nel Club suo malgrado.
Sollevata la maschera antigas, il volto escoriato di Royal, sul quale sono ben in evidenza un paio di cerotti, si para davanti ai tre.  I capelli del biondo sono impregnati di polvere e sudore, la sua pelle abbronzata è impallidita. L'agente del Bureau, strizzando un occhio, cerca di far capire loro di stare al gioco: "Questo è un vero miracolo!"
John cerca di assumere un'aria da miracolato contento di essersi salvato per un pelo: "Agente Alston... Sì, siamo stati davvero fortunati..."
Henry, abbassando le mani, mostra per una frazione di secondo la chiave all'agente il quale, vedutala, annuisce.
Alston si rivolge ad uno dei soldati, resi anonimi dall'attrezzatura NBC, probabilmente l'ufficiale: "Ho l'autorità di prendere in custodia questi civili, se ne occuperà il Bureau da questo momento." 
L'ufficiale si limita a fare un cenno di assenso e, senza perdere altro tempo,  Alston strappa dalle grinfie dei militari i tre per portarli lontano. In silenzio, il gruppo percorre quella che era la strada principale di Hidden Creek, ora posteggio di blindati e automezzi, in religioso silenzio. Oltrepassate alcune barricate di filo spinato, una volta fuori dalla stretta vigilanza dei militari, giungono in uno spiazzo di sosta appena fuori città dove alcuni furgoni neri dell'FBI sono parcheggiati. 
Sperando di essere lontano dallo sguardo onnipresente dell'Esercito, John si rivolge a Royal Alston: "La ringrazio di averci tirati fuori da quella situazione, agente Alston..." Il ragazzo si blocca per un istante prima di procedere: "...Ci sono sopravvissuti? Che ne è stato delle nostre famiglie?"
Diane, con un filo di voce: "Ci dica che ha notizie... La prego, deve pure sapere qualcosa..."
Alston è impietosito e, cercando di rassicurare i ragazzi: "Le persone rifugiatesi nel bunker antiatomico sotto la Saint Joseph Church sono state tutte trasferite a Crandon quando l'Esercito è entrato in città. Sono sicuro che i vostri genitori si sono messi in salvo."
Henry ripensa alle parole del padre sapendo, in fondo al suo cuore, che Clarke Kincaid non è mai giunto a Crandon.
L'apprensione di John non è svanita, ma in lui si è riaccesa la speranza: "Ci porti là, Alston: ci sono così tante cose che..."
L'agente Alston interrompe il giovane cercando di essere il più diretto possibile: "No, troppo rischioso. Se vi prende l'Esercito per voi è finita: non vi lasceranno andare, so che potete comprenderne il motivo. E dato che ora sono loro in carica a Hidden Creek, stanno gestendo le operazioni di evacuazione dei civili. Mi dispiace, ma Crandon non è un posto sicuro per voi."
Henry: "Quindi succederà come negli anni Trenta, Hidden Creek diventerà una città fantasma?"
Alston annuisce: "È inevitabile. Il The Old Gentlemen's Club è stato un fallimento. Il protocollo d'emergenza è già in vigore: l'Esercito sta isolando l'intera area usando come copertura l'incidente aereo."
John aggrotta la fronte: "Di che sta parlando? Quale incidente aereo?"
Alston: "La versione ufficiale rilasciata dal Presidente Carter in persona è la seguente: questa notte, un aereo sperimentale ad alimentazione nucleare dell'USAF è caduto durante un volo di test a pochi chilometri da Hidden Creek, causando un vasto incendio e  disperdendo nell'ambiente il contenuto del suo reattore. Questa è la notizia che è comparsa nelle televisioni di tutto il mondo. Meglio perdere la faccia che svelare ciò che abbiamo fatto qui in tutti questi anni: sarebbe il panico."
John, con amarezza: "Ecco perché avevano indosso quelle tute... Dovrei essere stupito di tutta quella messinscena, ma non lo sono."
Alston si avvicina ad uno dei furgoni e ne apre il portello sul retro: "Salite, forza: non ho intenzione di abbandonarvi  proprio adesso. Inoltre, potreste essere utili al Bureau."
John, sospettoso come al solito: "Un momento, dove avete intenzione portarci?" Non potremmo andare ognuno per la propria strada? O pensate che ci darebbero la caccia? Potrà immaginare che l'idea di essere "utile al Bureau" non è proprio il massimo per me..."
Henry fissa con biasimo VanDreel: "Smettila. La tua paranoia ci ha impedito di fermare Casey quando potevamo."
L'espressione dell'Agente FBI si fa cupa, melancolica: "Ho fatto una promessa al Direttore Lazard. Potete immaginare quale sia."
La paranoia di John gli fa balenare in mente mille risposte una peggio dell'altra ma tenta di essere ottimista: "Di... Proteggerci?" 
Alston: "So che abbiamo avuto dei momenti di tensione dall'altra parte. VanDreel, non ho intenzione di costringervi a fa nulla contro la vostra volontà."
Il John fissa un attimo Diane e, cercando di non essere paranoico, cerca in lei una guida. Timidamente, la giovane annuisce e VanDreel sale placido a bordo del van: "D'accordo, Alston. Per una volta, voglio fidarmi del Governo. Non mi deluda..."
Roy abbozza un sorriso, seppure stanco: "Non lo farò, promesso."

La tetra visione di ciò che resta di Hidden Creek, la sua sagoma appena visibile tra il fumo che si leva dalla foresta ferita nel profondo dalle fiamme, si imprime per sempre in loro, consapevoli del mesto addio al luogo in cui sono cresciuti e nel quale hanno condiviso così tanti ricordi. Ormai, dai finestrini del van, si scorgono solo gli alti alberi della Forest County salvatisi dalla furia del napalm. Nel retro del furgone assieme ai ragazzi, accesa una sigaretta con l'unico braccio ancora sano, il biondo texano dall'accento marcato può finalmente riprendere fiato: "Ce la siamo scampata bella, figlioli..." 
Ma il peso di essere sopravvissuti ad eventi ben oltre la loro comprensione è grande per tre ventenni della profonda provincia americana. Henry rigira tra le mani la chiave d'oro di Warren Lazard mentre Diane, abbracciata a John, non riesce a guardare in faccia Kincaid. Non dopo l'Abisso. L'uomo fissa il silenzioso gruppetto e finalmente si decide ad allentare la tensione: "Non so che cosa abbiate fatto, ma ha funzionato. E di questo, ve ne sono grato... Non come membro del Bureau, ma come essere umano."
John non sa bene che parole usale: "La verità... Speravo di poter salvare il nostro amico, fermarlo prima che fosse troppo tardi, ma mi sbagliavo. Volevo solo ringraziarla per... Ha capito."
Henry smette di far scorrere la chiave tra le dita: "Alston, abbiamo sigillato l'accesso all'Abisso e l'Ultima Porta. Era l'unico modo per fermare quell'essere. Che cosa succederà adesso?"
L'agente si fa pensieroso: "Se l'Abisso è sigillato, all'esercito Hidden Creek è inutile: tutto quello che vogliono è la materia prima del Wooden Nickel. Esaurita quella fonte, e senza chiave, la città non ha valore per loro. Già immagino i vertici a Washington: molto probabilmente, quando si renderanno conto di quanto è accaduto, con la scusa della contaminazione ambientale vieteranno l'accesso all'intera area nella speranza che l'America un giorno si dimentichi di Hidden Creek..."
Sul volto di John compare un sorriso amaro: "Chissà, magari un giorno lontano ricostruiranno la città..."
Henry allunga la chiave verso l'agente: "Penso che debba tenerla lei. So che era molto amico del signor Lazard. Si assicuri che..."
Alston scuote la testa interrompendolo: "Warren Lazard era mia amico, hai ragione. La sua visione è stata forse troppo grande per un solo uomo, per una sola cittadina. Ma lo ammiravo, e continuerò a farlo anche dopo quanto è accaduto. Però, Henry Kincaid, in quanto ultimo sciamano del Club, sta a te l'onere e l'onore di conservare quella chiave: sono sicuro che Anche Warren avrebbe voluto così." Royal abbozza un sorriso: "Vorrei che lavorassi per noi. Ora più che mai il Paese ha bisogno di gente come te."
A quelle parole John fa una smorfia mentre Henry, con tono greve: "Ciò che ho sempre voluto fare è servire il mio paese, quindi accetto senza riserve. È un onore per me."
Royal: "Sono sicuro che le esperienze che hai vissuto ci saranno di aiuto: questo è solo l'inizio, il mondo dovrà sapere un giorno."
Henry: "E speriamo che quel giorno sia il più tardi possibile, perché nel momento in cui lo scoprirà, potrebbe essere l'inizio della fine."
Alston lascia che la cenere della sigaretta cada sulle sue scarpe, ormai rovinate: "L'invito è aperto a tutti, ma credo che gli altri due non siano interessati..."
Diane si stringe ancora più forte a John: "...Non fa per me."
VanDreel guarda negli occhi l'agente: "E io la penso allo stesso modo. Come vede, non siamo interessati. Adesso mantenga la parola data, Alston, e ci lasci andare alla prima grande città che incontreremo."
Royal spegne la sigaretta contro la paratia metallica del furgone e sospira: "Farò di più: vi aiuterò a passare il confine. In Canada ho delle persone fidate che sarebbero pronte ad ospitarvi se lo vorrete. Potrebbero aiutarvi a ricominciare... che cosa ne dite?"
John è sinceramente colpito dall'onestà dell'agente: "Sarebbe... Perfetto..." il giovane sorride gentilmente a Diane: "Ti attira l'idea? Sai, i DALETH volevano giusto organizzare un tour in Canada e avranno bisogno di un manager... e magari di un direttore artistico. Potremmo veramente lasciarci alle spalle..."
Ma Diane non riesce a sorridere: "Mi ci vorrà del tempo, Jo: abbiamo perso tutto... Ma voglio credere che sia possibile ricominciare... Insieme."
John: "Grazie per tutto, Royal. Allora è vero: c'è ancora qualche uomo giusto in questo paese..." 
Mentre carezza i capelli di Diane, guardando il riflesso della giovane sul finestrino, John si domanda se non possa essere rimasta una parte del Fiume Nascosto in lei. Forse questa è solo la sua ultima paranoia, ma in fondo non sarebbe nemmeno così tragico, alla fine dopo tutto quel massacro erano riusciti a comunicare. Come vivrà la sua vita da ora in avanti? È possibile rimanere la Chiave dell'Ultima Porta fino alla fine dei suoi giorni? Qualsiasi futuro aspetti lui e Diane, è determinato a darle ciò che di meglio un essere umano può dare. Intanto, potrebbe iniziare a spiegarle cosa vuol dire essere vegetariani...

Wolfe Creek, Australia, 4 Luglio 2015.
Le bianche nubi prive di pioggia passano sull'altopiano sabbioso dove i radi cespugli sono gli unici segni di vita apparente nell'eterno outback australiano. Il polverone rossastro, sollevato dalla Jeep quando si ferma al posto di blocco all'ombra delle alte recinzioni elettrificate che si ergono imponenti al cielo, viene ben presto spazzato via da un leggero ma persistente vento. Oltre il sorvegliato perimetro, già si scorgono i futuristici edifici e le impressionanti architetture dell'avamposto dai grandi dischi delle antenne paraboliche sulle sue torri, le alte gru allineate, i campi di pannelli solari. Sono ormai dieci anni che la Base Internazionale di Ricerca Occulta, colossale progetto a cui partecipano più di trenta nazioni, sta studiando la fonte di energia spirituale emanata dal Wolfe Creek Crater, il cratere meteoritico che cela l'ingresso ai milioni di mondi dove risiedono i Grandi Spiriti dell'arida Oceania. Nel cuore più nascosto del deserto, la falda acquifera intrappolata nella profondità della roccia, si dice riposi il Serpente Arcobaleno, divinità che dona la vita in questo continente della Terra. Ma i progressi arrivano con i sacrifici e questo il Comandante Kincaid lo sa. Nella sala di controllo, situata nel complesso sotterraneo diversi livelli sottoterra, non esiste né il giorno né la notte. Seduto alla sua scrivania, intento a visionare le relazioni delle squadre d'esplorazione che ogni giorno si avventurano in mondi sconosciuti, tanto meravigliosi quanto pericolosi, viene interrotto dalla videochiamata della sua assistente neozelandese da capelli rossi Nancy: "Capo Kincaid, signore, i suoi ospiti sono arrivati."
Il distinto Comandate e Sciamano di Wolfe Creek, dopo essersi aggiustato con cura sobria ma elegante divisa bianca  a maniche corte, esce finalmente all'aria aperta, la chiave d'oro che porta al collo come pendaglio brilla alla luce del sole rovente. Alla Jeep è concesso di superare il posto di blocco e i cancelli di uno dei posti più sorvegliati sul pianeta si spalancano. Dal veicolo scende un uomo sulla sessantina dai lunghi capelli grigi legati in una coda e dalla ispida barba ordinata, vestito in maniera informale con abiti e accessori dal sapore etnico.
Il Comandante Kincaid, quasi mormorando, saluta l'uomo riemerso dal suo passato: "VanDreel... Ti stavo aspettando, grazie di essere venuto."
"Bella impresa che hai messo su..." dice John sorridendo guardandosi intorno: "Alla fine, ci sei riuscito."
Così abituato a dare ordini, Henry non sa come comportarsi con chi ha avuto così tanta confidenza con lui in passato: "Già."
Ma i due amici di un tempo non sono soli: fino a quel momento nella Jeep, Diane si presenta di fronte al Comandante.
Henry d'istinto la guarda con grande severità, prima di sciogliersi in un sorriso: "Sei identica a come ti ricordavo. Allora è vero."
La giovane ragazza annuisce: "Era l'unico modo. Ho mantenuto il mio patto, nonostante tutto. Ho imparato, Henry, ho imparato cosa vuol dire poter cambiare nel tempo."
John mette una mano sulla spalla di quella che adesso potrebbe essere sua nipote e, con l'entusiasmo di quando era ragazzo: "Abbiamo girato il mondo, vissuto una vita piena di esperienze, condiviso giorni tristi e giorni felici... Gli Spiriti popolano ancora questa Terra, bisogna solo aver la volontà di trovarli: c'è così tanto da imparare gli uni dagli altri. Siamo pronti per tutto questo, Henry. Le persone lo sono. E quel giorno è ormai prossimo!"
Il burbero Comandante Kincaid frena cautamente VanDreel: "Questo non lo so. Però una cosa l'ho capita in tutti questi anni di servizio: ora, questa volontà esiste." Henry porge la mano a Diane, o forse, al Fiume Nascosto: "Benvenuta a Wolfe Creek..."

Dopo tutta la soffrenza, c'è ancora speranza.
Come quando erano ragazzi.
I giorni spensierati di Hidden Creek.


FINE DELLA CAMPAGNA

1 commento:

  1. Centesimo post per Hidden Creek!
    Finalmente, a una settimana dal Gran Finale, ecco il LOG conclusivo. Leggetelo con cura, perché questa è una revisione completa delle ultime due sessioni giocate, con scene inedite, descrizioni ampliate, dialoghi riarrangiati e riveduti per unafruizione più completa possibile dell'ultima impresa di John, Henry e Diane! Spero che sia di vostro gradimento!

    RispondiElimina